Il M° Tatsuo Suzuki, un mito del Wado-ryu

di Antonio Sartini – (13-09-2009)

Tra i vari maestri giapponesi dello stile wado-ryu con cui mi sono allenato quello che per età, competenza, operato, ma, soprattutto carisma, mi ha affascinato di più, è sicuramente il sensei Tatsuo Suzuki. La sua tecnica essenziale, efficace e visibilmente carica d’esperienza sono parte di una personalità forte e profonda come i suoi pensieri e la sua vita.

Non potrò mai dimenticare quando, durante uno stage estivo circa venti anni fa, mentre ci allenavamo in coppia, Maurizio ed io, il maestro Suzuki si è avvicinato per mostrarci la tecnica che stavamo eseguendo. Un uomo la cui energia (ki) riesci a sentire prima ancora di essergli vicino, uno sguardo profondo che indica padronanza di corpo e mente, una tecnica all’unisono con il corpo.

Personalmente lo ritengo un grande maestro di arti marziali perché non si è mai fermato alla tecnica, il suo cammino è andato oltre, ha percorso la via come i grandi samurai del passato coltivando la mente tanto quanto il corpo.

Nel mio scritto “ Che cos’è il karate-do” ho tradotto e commentato un paragrafo del suo primo libro dove dava la definizione di karate che rimane, a mio parere, la più bella e profonda che io abbia mai letto.

Continuo perciò a rendere omaggio a questo grande maestro traducendo, nel limite delle mie capacità, due paragrafi di due diversi libri non reperibili in lingua italiana che in ogni caso consiglio agli appassionati di tutto ciò che va oltre la tecnica, senza dimenticarla ovviamente !

In questo senso auguro a tutti, me compreso, di diventare come l’arciere che scaglia la freccia non guardando il bersaglio a forma di pesce ma mirandone l’occhio. Una volta che l’arciere diventa tutto uno con il bersaglio, dimenticherà anche arco e freccia, perché è diventato tutto uno con l’universo.

Ricordare con il corpo

La ricerca di Tatsuo Suzuki della tecnica pura.

di Michael Clarke

Ancora oggi, con tante persone in giro per il mondo che si proclamano “Maestri”, ce ne sono ancora relativamente poche che possono veramente vantare tale titolo. Un uomo che può farlo è il Sensei Tatsuo Suzuki, ottavo dan, di Wado Ryu Karate-do.

Nato a Yokohama, in Giappone, nel 1928.

Dapprima incominciò ad interessarsi alle arti marziali da ragazzo, quando il paese era intriso di fervore militare. Nel 1942 iniziò il suo allenamento al Karate sotto la direzione del fratello di un amico. Questo avveniva in un piccolo cortile nella città di Hamamatsu dove stava vivendo in quel tempo. Il ragazzo più anziano era uno studente universitario di Tokyo che tornava ogni fine settimana. Fu durante queste visite che il giovane Tatsuo ed il suo amico si esercitarono nelle tecniche di combattimento di questa “strana “ arte marziale.

Sensei Suzuki crede che quello che gli fu insegnato sia wado-ryu, anche se oggi non ne è del tutto sicuro. Egli ammette in ogni modo che nella maggior parte del tempo il loro istruttore li faceva più che altro combattere. La memoria rimasta più impressa di quegli allenamenti riguarda la grossolanità del combattimento. Nessuno dei due ragazzi conosceva molto in riguardo al controllo e la difesa e, perciò, ogni sessione finiva con entrambi ricoperti da tagli e contusioni.

Sono stato incuriosito dal fatto che non ha iniziato il suo Karate in maniera formale, in un dojo, e gli ho chiesto come e quando è entrato in un dojo per la prima volta.

“Mi sono allenato con il mio amico a Hamamatsu per circa due anni e poi sono tornato a Yokohama dove ero nato. Poco dopo che avevo iniziato a cercare per un dojo di karate, alla YMCA vidi un avviso che pubblicizzava delle lezioni di karate. Questo è quando e dove iniziai il mio allenamento formale.”

L’allenamento iniziale di Sensei Suzuki fu un successo perché nell’intervallo relativamente corto di sei anni raggiunse la cintura nera terzo dan. A quel tempo nel Wado ryu era stato assegnato al massimo il 5° dan pertanto, Suzuki Sensei, pensava di aver raggiunto un grado molto elevato. Io volevo sapere com’erano inizialmente gli esami di dan e quanto potessero essere comparati con gli avanzamenti di grado degli studenti di karate dei giorni moderni. Egli disse:

“Non posso davvero ricordare molto di tutto ciò che riguarda i miei primi esami. Proprio come ora, in quei giorni io non ero interessato ai gradi o agli esami. Tutto quello che volevo fare era allenarmi! Poi un giorno mi ritrovai nel dojo che indossavo una cintura nera. Dopo un certo tempo mi fu semplicemente detto che ero secondo dan e lo stesso avvenne per il terzo. Il test d’esame deve essere stato mimetizzato nella normale seduta d’allenamento e non ricordo quello che dissi. So che quando entrai all’università ero già terzo dan. Ciò che ricordo bene è l’esame per quinto dan. Di fatto io pensavo che stessi sostenendo un esame per quarto dan, ma fu per quinto dan.  In quei giorni c’era l’usanza che gli allievi anziani erano promossi prima di quelli più giovani altrimenti si raggiungeva il livello dei più anziani e questo, in Giappone, a quel tempo, era inaccettabile. Mi sembrava che il terzo dan fosse giusto per me, che io fossi elevato a sufficienza, ma alcune persone dell’università vennero a trovarmi e mi chiesero di fare l’esame cosicché anche loro potessero fare quello per cui erano pronti.

In Giappone, a quel tempo, se avessi saputo che qualcuno era migliore di te, non ti saresti presentato agli esami per un livello più elevato del suo. Tutte queste persone sapevano che io ero migliore di loro e pertanto non potevano presentarsi salvo che io prendessi parte al mio d’esame. Ognuno stava letteralmente solo aspettando me per affrontare quello da quarto dan. Così ho deciso che avrei partecipato, prima di laurearmi all’università”.

“ Il mio esame l’ho sostenuto con il Sensei Ohtsuka ( il fondatore del Wado-ryu karate-do). Dopo che ho passato l’esame, mi ha riconosciuto il quinto dan. Io sono stato, onestamente, molto sorpreso e ho pensato che ci dovesse essere qualche errore. Se fosse stato vero ciò significava che avevo saltato il quarto dan. Sono andato da Ohtsuka ed ho chiesto se il grado conferito fosse corretto. Sostenevo che fosse troppo e gli ho chiesto se per favore mi poteva riconoscere solo il quarto dan. Egli si è rifiutato di farlo e mi ha assicurato che anche gli altri anziani della commissione d’esame pensavano che io meritassi un quinto dan.

Per questo motivo posso ricordare quell’esame a causa della particolare circostanza”

Io sapevo, dalla ricerca che avevo fatto prima dell’incontro con Sensei Suzuki, che egli aveva dei dan sia nel judo che nel bojutsu (combattimento con il bastone). Ero curioso di sapere com’è arrivato a studiare queste altre arti. La sua introduzione al bojutsu è avvenuta perché “ Dopo la seconda guerra mondiale noi abbiamo dovuto lasciare il palazzo della stazione di polizia che ospitava il nostro dojo. Nel periodo in cui mi allenavo là c’era il Sensei Ohtsuka ancora abbastanza giovane da fare parecchio allenamento insieme con noi. Passavamo tante ore nel combattimento quanto ne dedicavamo ai nostri kata e alle combinazioni d’allenamento”.

“ Ohtsuka sensei faceva tutto questo con noi, a quell’epoca, e l’allenamento era molto duro. Fu un buon periodo per essere nel Dojo centrale perché molti vecchi studenti stavano tornando dalla guerra. Allo stesso modo avevamo sempre visite da parte degli studenti anziani d’alcuni dojo delle università. Venivano ad allenarsi con noi molto spesso. C’era stato detto di lasciare la costruzione e così dovevamo trovare un nuovo posto. Un giorno Sensei Ohtsuka venne da noi e ci disse di averne trovato uno”.

“Uno dei suoi amici, un certo sig. Ueno, anche lui un artista marziale, aveva un dojo di sua proprietà. Era molto piccolo ma poiché non eravamo riusciti a trovare altro, data la scelta limitata, accettammo con gratitudine. Ci allenammo la per un anno circa. Sensei Ueno era solito insegnare Bojutsu come pure altre arti marziali. Un giorno mi propose di insegnare karate nel suo dojo ed in cambio mi avrebbe insegnato l’arte del bojutsu. Alla fine studiai altre arti marziali con lui, anche lo shuriken (lancio del coltello o di punte acuminate). Affermò che proprio come stavo praticando karate anche le altre arti, come il bojutsu, non sarebbero state particolarmente difficili per me, poiché, tutte, usavano molto l’azione delle anche. Questo è il modo con cui le altre arti entrarono nella mia vita”.

Io sapevo che Il sensei Suzuki aveva studiato lo zen e poiché questa è una materia che aveva catturato il mio personale interesse anni fa, gli ho chiesto come ciò è avvenuto e che tipo d’educazione avesse ricevuto. Ha affermato che era sempre stato interessato alle vite dei grandi artisti marziali giapponesi del passato.

Fin dai primi giorni aveva cercato libri e letto tutto ciò che aveva potuto in riguardo al modo in cui trascorsero le loro esistenze. Ha appreso che la gran parte di loro aveva studiato lo zen e così ha deciso che avrebbe fatto la stessa cosa.

Nel periodo universitario, il sensei Suzuki era stato segretario di uno dei club wado ryu. Il patrocinatore di questo club era il sig. Tanaka, che era un uomo molto famoso in Giappone a quel tempo. Lui stesso era attratto dallo Zen e ha studiato sotto la guida di Gempo Yamamoto, uno dei più conosciuti monaci di quell’epoca. Il sig. Tanaka ha presentato il giovane Suzuki al monaco che, a sua volta, lo ha presentato al suo miglior discepolo, Soyen Nakagawa. Suzuki sensei ha iniziato a raccontare la storia.

“ A volte, portavo alcuni dei miei studenti di karate al tempio chiamato Ryutaku-ji. Molti anni prima, un maestro di Kendo (la via della spada) molto famoso era solito allenarsi nelle proprietà del tempio. Vi racconterò una storia che lo riguarda. Un giorno un suo rivale, che era molto forte e che era stato battuto solo una volta, arrivò nel distretto. Il maestro che si allenava al monastero di Ryutaku-ji, voleva sfidare e battere il rivale, ma sapeva che non avrebbe potuto batterlo solo con la tecnica; aveva bisogno di qualcosa di più. Era necessario un certo tipo d’allenamento mentale. A quel tempo, Ryutaku-ji era anche la casa di un monaco famoso ed il nostro eroe decise che doveva andare la per cercare di incontrarlo. Stava vivendo a Mushima, una piccola città ad una certa distanza da lì. Così ogni notte cavalcava con il suo cavallo fino al monastero, studiava zen, e poi tornava cavalcando a casa. Fece questo per lungo tempo, notte dopo notte, ogni notte. Il viaggiare costantemente era duro per lui, ma lo fece lo stesso. Alla fine, un giorno, ottenne l’illuminazione (satori)”.

Dopo quell’esperienza perse ogni timore verso il rivale. Sapeva nella sua mente che lo poteva battere. Un giorno i due uomini s’incontrarono ed il nostro eroe sfidò il rivale a duello. Lo sfidato guardò al suo sfidante e sentiva nelle ossa che aveva già perso. Egli fu consapevole di questo. Questo è Zen. Questo tipo di pensiero è molto importante in tutte le arti marziali e questo è il motivo per il quale ho voluto studiarlo”.

Ho indagato se anche Ohtsuka sensei si era avvicinato allo zen, ma, in accordo con quanto affermato da sensei Suzuki, Ohtsuka non lo ha praticato. Il sensei Ohtsuka non era per nulla interessato da questo. Nei suoi ultimi anni, tuttavia, ha consigliato ai suoi studenti di studiare l’Ochaku zen. Questo è un termine usato per descrivere semplice pratica. Ci si distende sulla schiena e si chiudono gli occhi, dopodichè s’inizia meditare. La gente chiama questo sistema lo zen dell’uomo pigro.

Nel riflettere su questo consiglio del suo sensei, Sensei Suzuki si è meravigliato del fatto che il primo avesse più conoscenze sulla meditazione zen di quanto chiunque avrebbe potuto pensare. Più pensava a questo, più convinto diventava che questo era probabilmente vero. Gli chiesi se insegnasse ai suoi studenti qualcosa di meditazione zen. Ha affermato che lo faceva occasionalmente. Ha spiegato:

“E’ un po’ difficile insegnare zen in solo una o due lezioni.  Durante l’insegnamento in un gasshaku (allenamento intensivo) o in un campo scuola dove si sta insieme per una settimana o anche più a lungo, è possibile fare qualcosa. In un tempo limitato non è possibile portare gli studenti a comprendere più di tanto. Per trovare qualsiasi tipo di significato nelle pratica dello Zen è necessario farne esperienza personalmente, tramite introspezione in se stessi.”.

Penso di aver capito cosa sensei Suzuki stava dicendo. Forse questo dipende dal fatto che lo Zen e le arti marziali sono stati sempre assimilati tra loro. Entrambe le discipline devono essere sperimentate per essere apprezzate.

“Lo Zen”, ha detto Suzuki sensei, “è proprio come il karate nel senso che sono entrambi processi mentali che dovrebbero essere praticati ogni giorno. Una volta che hai iniziato è molto importante continuare”.

L’idea che il karate, come lo Zen, è un allenamento mentale, è venuto fuori, un po’ per volta, nel corso della nostra conversazione pomeridiana. Il sensei Suzuki era prodigo di piccoli insegnamenti che avevano l’effetto di farti pensare aldilà dell’ovvio. Per esempio, ha raccontato che, durante un allenamento, in una sala gremita di partecipanti, ha fatto sedere a terra tutti quanti ed ha chiesto loro chi potesse attraversare una tavola di legno lunga sei piedi e larga un piede. Senza esitazioni tutti hanno alzato la mano. Ha chiesto quanti potevano farlo se la tavola fosse a due piedi da terra. Ognuno era in grado di farlo. Ha domandato poi se potessero farlo con la tavola a cento piedi dal suolo. A questo punto nessuno era in grado di dire se avesse potuto farlo.

Egli utilizzava quest’esempio per mostrare come la mente spesso crea limiti al corpo e di come il corpo potrebbe superare se stesso solo se la mente diventasse più forte. Dopo di tutto, nell’esempio che ha citato, la dimensione della tavola non era cambiata; solo la distanza dal pavimento era variata.

“ Pensare a cose come queste e praticare Karate ogni giorno è molto importante. Una famosa ballerina ha affermato che se non si esercitava per un giorno, poteva sentire la differenza nel suo corpo. Il suo partner poteva sentire la differenza se non praticava per due giorni. I suoi spettatori potevano sentirlo se non praticava per tre giorni. Ha sostenutoto che questo accadeva perché doveva praticare ogni giorno ed anche io mi sento in questo modo”.

Ai nostri giorni, Suzuki sensei sente che l’insegnamento è un compito più semplice rispetto a com’era una volta.

Negli ultimi trenta anni, da quando ha lasciato il Giappone la prima volta, per visitare l’occidente, ha confessato che spesso sentiva di dover “impressionare” un po’. Alla domanda sul perchè si fosse manifestata quest’esigenza, ha risposto che, in quei giorni, quando il karate era relativamente nuovo in occidente, le persone cercavano qualcosa che le impressionasse.

Per questa ragione, gli insegnanti che venivano in visita davano spettacolari dimostrazioni di tecniche da combattimento contro un attacco di coltello o di sedia. In uno strano modo, questo significa che, lui stesso, è stato obbligato ad allenarsi molto più duramente per evitare di deludere le persone.

Oggi, che le persone di tutto il mondo comprendono di più il karate, non sente più la necessità di impressionare. Ora può aiutare le persone a sviluppare il loro carattere allo stesso modo delle tecniche di karate e condivide con i suoi studenti la propria filosofia. Il suo proposito di preservare una tecnica corretta, tuttavia, rimane tanto elevato quanto l’impegno nell’allenamento personale. Gli ho chiesto, in ragione dei suoi frequenti viaggi in giro per il mondo, se aveva avuto riscontro del fatto che il karate sviluppava davvero il carattere (natura o indole delle persone – N.d.T.) tanto quanto la tecnica e se lo sviluppo del carattere era diventato un elemento più rilevante. Egli disse:

“Tu sai che tutto dipende da chi è l’istruttore. In genere, se l’istruttore ha un buon carattere allora anche gli studenti lo sviluppano, sempre che non ne possiedano già uno. Con il progredire del loro karate dovrebbe migliorare anche il loro carattere, se non l’hanno. Purtroppo, nella mia esperienza, istruttori con un cattivo carattere generano solo cattivi studenti. Ciò avviene perché la brava gente lascia questo tipo d’istruttori”.

Il sensei Suzuki, quando non insegna o non si allena, non si allontana mai dalle materie che sono state la prerogativa della sua vita negli ultimi cinquantacinque anni. Possiamo trovarlo in relax nella sua casa a sud di Londra a leggere ed approfondire diverse materie, ma forse non sorprende scoprire che è soprattutto appassionato nella lettura delle opere dei suoi pari conterranei di molto tempo fa. Come mi ha detto: “ La maggioranza di queste persone aveva delle filosofie molto valide”. Un’altra fonte di rilassamento, che predilige, è il gioco degli scacchi giapponesi. Nel caso in cui non è occupato nelle attività, già elencate, allora, possiamo scommettere con una certa sicurezza che sta vedendo un video di boxe della sua imponente collezione.

Egli ha osservato:

“La boxe mi piace veramente molto. Ho gran parte dei campioni del mondo in video e mi piace guardarli. Da questa gente si possono vedere diverse tecniche valide e realistiche.  Il pugilato ha sviluppato modalità molto efficaci per sferrare pugni; soprattutto perchè i pugili usano solo le mani. Credo che in alcuni casi i pugni della boxe sono migliori di quelli del karate. Un karateka potrebbe battere un pugile perché è in grado di calciare, ma se non potesse usare i calci allora l’avversario sarebbe molto più forte. Il pugilato ha una lunga storia, perciò ai giorni d’oggi ha molto da insegnare.”

Questo ha portato la nostra conversazione sull’augurio che il karate mondiale possa ottenere l’ammissione ai giochi olimpici. Mi domandavo se aveva qualche opinione in riguardo a ciò.

“ Credo che sia impossibile all’ottanta per cento. La ragione è che il Taekwondo si è già assicurato il posto ai giochi. Questo si deve in parte al direttore del Taekwondo mondiale che è un politico molto intelligente. E’ nella commissione olimpica e, come tu sai, ha manovrato per avere il suo sport incluso come disciplina dimostrativa, quando i giochi si svolsero a Seul. Furono esclusi da Atlanta, ma sono ritornati in Australia nel 2000”.

“ Per il pubblico è difficile differenziare il taekwondo dal karate stile WUKO. Penso, perciò, che sarà impossibile per il karate essere ammesso. Credo che la pubblicità al karate sarebbe stata una buona cosa se avessero dato la possibilità al karate di essere ammesso. Si sarebbero fatte le cose meglio di come sono ora. Inoltre i paesi avrebbero sostenuto le loro squadre di karate meglio di quanto fanno ora, perché la loro attenzione è rivolta principalmente agli sport olimpici piuttosto che a quelli che non lo sono. Viceversa se il karate fosse accettato alle Olimpiadi allora sempre più persone inizierebbero il karate solo come pratica sportiva. Il karate perderebbe il suo contenuto marziale, se questo accadesse, sarebbe una cosa negativa”.

Mentre il sensei Suzuki stava parlando, mi chiedevo come le cose si sarebbero sviluppate nel futuro. Il karate perderebbe il suo contenuto marziale a favore del balletto sportivo che vediamo oggi, nel caso in cui ottenesse l’ammissione nel più grande spettacolo sportivo che il mondo abbia mai conosciuto, come egli ha predetto.

Spero di non vedere mai il giorno in cui la gente metterà un Karate-gi (uniforme) con l’espresso desiderio solo di vincere una medaglia d’oro, sempre che ciò accada. Ritornando al discorso dell’allenamento personale chiesi se l’hojo-undo (esercitazioni complementari) giocassero un qualche ruolo nell’esercizio fisico dello stesso sensei Suzuki.

“Si. Penso che sia essenziale. I movimenti del Wado-ryu sembrano essere dei gesti molto leggeri con poca o nessuna potenza. Questa impressione dipende dal fatto che, quando esegui dei movimenti, devi essere rilassato. Nel momento in cui colpisci il tuo avversario, anche se devi esprimere potenza, devi essere rapido. Così l’allenamento complementare (Hojo-undo) è importante per sviluppare questa rapidità e tale potenza. Non bisogna, tuttavia, esagerare nell’allenamento con i pesi.

Il makiwara (tavola imbottita da colpire) è, inoltre, molto utile per costruire le braccia ed i polsi come pure per stabilire un buon equilibrio. Aiuta inoltre a sviluppare un pugno forte ed ad ottenere una buona focalizzazione del colpo”.

Negli ultimi mesi del 1991 quando condussi quest’intervista, sapevo che il sensei Suzuki aveva formato, di recente, una sua organizzazione mondiale. Ero interessato a sapere perché aveva fatto questo passo così tardi nella vita; perché lo aveva sentito necessario. Non fui sicuro, per un momento, di quale sarebbe stata la sua reazione alla mia domanda.

Ricordo che raggiunse il tavolo del caffé, sollevò la sua tazza e fece un’energica e rumorosa bevuta nel modo con cui i giapponesi si comportano per mostrare che si stanno divertendo. Tornò a sedersi sulla sua sedia e, dopo un momento d’attenta riflessione, iniziò a parlarmi.

“Come tu sai, dopo che il sensei Ohtsuka è morto, il wado ryu in Giappone si è diviso in due gruppi. Non mi piaceva quest’idea di due gruppi separati perché io ho sempre pensato alle persone del Wado ryu come fratelli e sorelle. Noi siamo tutti, in ultima analisi, allievi del sensei Ohtsuka. Io sono rimasto fedele al suo Wado ryu e sono sicuro che a lui stesso non sarebbe piaciuto vedere due gruppi separati come questi. Sono tornato spesso in Giappone per tentare di ricollegare i due gruppi, ma questo è stato vano.”.

“Io conosco i membri dirigenti di ciascun gruppo molto bene. Ad un certo punto ho anche pensato che sarei riuscito a riunirli, ma sono tornato in Inghilterra e subito dopo si sono separati di nuovo. In questo periodo ero veramente stanco della situazione. Ho creduto davvero che se fossi vissuto in Giappone avrei potuto farlo. Per come si sono messe le cose, però, penso che non ci sia alcuna possibilità di conciliazione perché stanno sempre a litigare tra loro.”

“Data la situazione, non posso unirmi con nessuno dei gruppi, poiché gli istruttori anziani dei due gruppi sono tutti più giovani di me. Solo io, mi sono allenato senza interruzione fin dai tempi del sensei Ohtsuka. In verità, gran parte di loro ha ricevuto i primi insegnamenti da me, pertanto nessuno dei gruppi ha l’esperienza che ho io. Penso che questa possa essere una ragione del perché continuano a cambiare i kata o i kihon-kumite (gruppi d’esercizi che coinvolgono una certa varietà di tecniche). In questa circostanza sono fermamente convinto in quello che chiamiamo Shu-Ha-Ri., che significa copiare esattamente, per poi  sviluppare e fare proprio, in terzo luogo distaccarsi e muoversi dall’origine.

Shu significa che ognuno deve fare un allenamento base, ricevuto dal proprio istruttore e farlo esattamente com’è insegnato.  Così sono sicuro che l’implicazione di ciò è che i kata di base ed i kumite del Wado-ryu devono rimanere come li ha insegnati il sensei Ohtsuka. Oggi giorno però le cose stanno cambiando continuamente. Perché?  Penso che questo avviene perché le persone promotrici dei cambiamenti non si sono allenate con Ohtsuka per un lungo periodo e pertanto non hanno pienamente assimilato i significati.

Io sono stato con lui tutto il tempo in cui si stava allenando al massimo delle sue capacità; che è, tra il 1950 fino a circa il 1965.

Durante questo periodo mi allenavo con lui quasi ogni giorno. Con l’avanzare dell’età non riusciva praticare certi movimenti nel modo che era solito fare nel passato, ma non cambiò le tecniche come tali”.

“Oggi, la maggioranza delle persone non può ricordare le sue vere tecniche e questa è un’altra ragione per cui ci sono tanti cambiamenti.

Le persone s’incontrano e discutono se le cose stavano in un modo o in un altro. Il termine Shu, però, riguarda il kihon, il kata ed il kumite.

Dovete mantenere pura la tecnica Wado-ryu.

Io ho il sospetto che, ora, sono il solo a fare questo.  Pochi anni fa, ho girato una serie di video e, per cortesia, ho invitato  gli istruttori anziani del Giappone a venire a vederli per darmi una loro opinione. Chiesi loro, chiaro e tondo, “ Cosa pensate ?” Dissero tutti che questa era pura tecnica e kata wado-ryu.  Queste persone sono incapaci di insegnare le stesse perché smisero in passato, in alcune occasioni, di allenarsi ed ora non conoscono quale siano le corrette esecuzioni. La sensazione che sento è forte, devo insegnare la tecnica wado-ryu nel modo che imparai dal mio maestro, nella sua forma pura”.

“Ai miei tempi con il sensei Ohtsuka mi allenavo molto duramente, come ho detto. Mi allenavo così duramente che le persone erano solite a darmi del pazzo. Qualche volta ero solito allenarmi fino a dieci ore al giorno. Come puoi vedere non sono molto alto o pesante e questo ha influenzato il mio pensiero. Mi è sembrato che, con la mia costituzione, se mi fossi allenato come qualsiasi altro non sarei stato mai niente di buono, mai avrei controbilanciato (la mia costituzione). Questo era il motivo per cui mi allenavo così duramente. E’ attraverso questo duro e disciplinato allenamento che il corpo conosce la giusta via per praticare il wado-ryu puro. Non è la mia mente che ricorda ma il mio corpo; il mio corpo in toto.

Altri stanno tentando di rievocare con la loro mente e questo è il motivo per cui sbagliano. Con me, però, c’è il mio corpo perché io ho ripetuto le tecniche più e più volte, e via così, tante volte. “

Ora, se appartenessi al tempo presente ad uno dei gruppi che si sono formati dopo la morte d’Ohtsuka sensei, e affermassi che le tecniche devono essere fatte “in un modo od in un altro”, qualche anziano sarebbe costretto a non essere d’accordo con me. Il risultato sarebbe che spenderemmo tutto il nostro tempo litigando sulle tecniche invece di allenarci. Non posso sprecare il tempo in discussioni come queste. Tuttavia se io sono indipendente posso insegnare ai miei studenti la tecnica wado-ryu pura. Questa perciò è la lunga spiegazione del perché ho formato un mio personale gruppo. Desidero rimanere leale al mio sensei ed all’idea di Shu”.

“Ho tenuto la cerimonia d’apertura per la mia associazione in Giappone. Uno degli istruttori anziani del wado-kai ( il più grande dei due gruppi in Giappone) venne e pronunciò un discorso nel quale disse: << io so che il sig. Suzuki è l’unico che conosce la pura tecnica Wado-ryu>>. Egli espresse l’auspicio di mantenere questa purezza, anche nel caso in cui l’associazione diventasse molto grande. Questo fa eco al mio stesso desiderio e alle mie motivazioni.”

Quando il sensei Suzuki venne a vivere ed insegnare in Inghilterra, si appoggiò in diversi luoghi per insegnare a Londra. Alla fine aprì un dojo a tempo pieno nella Marvich House a Fulham. Questo avvenne nel 1979. Purtroppo da questo momento molti dei suoi studenti si dedicarono a fare altre cose. Nonostante ciò il dojo ebbe molto successo. Molto spesso, visitatori dal Giappone venivano al dojo e chiedevano se potessero allenarsi la ed anche insegnare. A quel tempo la febbre delle arti marziali era in rapida ascesa nel Regno Unito come in generale nel mondo occidentale.

Furono necessarie più sessioni d’allenamento ed il Sensei Suzuki non riusciva a far fronte a tutte. Così occasionalmente permetteva ai visitatori di insegnare in alcune classi. Il permesso era concesso loro solo dopo aver combattuto con uno degli studenti anziani graduati nei Kyu. Questi sono gli studenti appena al disotto del livello di cintura nera. Suzuki sensei replicò: “ I miei studenti in Inghilterra avevano uno standard molto alto, perciò era sufficiente lasciare uno di questi studenti di basso livello a combattere con i visitatori. Ricordo che alcuni dei miei studenti sono diventati campioni del mondo”.

Ero interessato a sapere chi lui, al momento, considerava il suo studente più anziano. Replicò: “ C’é il sig. Kobayashi. Fu il mio assistente in Inghilterra per otto anni. Da quando è tornado in Giappone è diventato istruttore di karate nel club della Nihon University. Ha anche altri dojo. E’ molto leale e sono orgoglioso di lui. Sia la sua tecnica che il suo carattere sono validi. Questa combinazione è qualcosa di difficile da trovare. Poi c’è il sig.Furakawa che è il nostro segretario generale ed anche il sig. Nagasawa. Sono entrambi validi studenti. Ho anche alcuni studenti molto bravi in Australia ed in America, c’è un gruppo in Florida ed un altro in Venezuela. Un po’ di tempo fa gli studenti anziani di dodici paesi sono venuti in Giappone e hanno viaggiato insieme. Sono anche diventati amici tra loro !”

Da quando vivevo in Inghilterra ero a conoscenza di voci, circolate per anni, riguardo ad una possibile partenza del sensei Suzuki verso climi più caldi. Fino a quest’articolo egli era, per quanto ne potevo sapere, ancora residente a Londra. Gli ho chiesto di queste voci e cosa egli pensava riguardo a ciò.

Lui rispose.

“ Oh, si, mi piacerebbe molto andare e vivere in Australia. Il clima è buono ed anche le persone sono simpatiche. Ora però la mia situazione è questa. Sarebbe difficile per me viaggiare o per le persone venirmi a trovare se andassi in Australia. Sarebbe troppo lontano da qualsiasi altro posto. Dovrei inviare assistenti per insegnare in mia vece, ma vorrei persone per vedere la pura tecnica Wado-ryu. Questo significherebbe spendere più tempo con i miei migliori studenti pertanto, ancora una volta, comporterebbe molti viaggi per loro o per me.”.

Il tempo stava passando ed io dovevo concludere l’intervista. Volevo sapere se c’era qualche progetto per un libro. Il sensei Suzuki ha scritto diversi libri tecnici sul suo stile. Io pensavo più ad un libro sulla sua filosofia. Lo sollecitai all’idea di scrivere una biografia.

Egli rispose così: “Mm, è una buon’idea. Non avevo pensato a questo prima d’ora. Sì mi piacerebbe farlo, se potessi trovare un valido scrittore per un aiuto…. Puoi farlo tu se tu torni in Inghilterra e io ti suggerisco”. Non avendo progetti in riguardo al mio ritorno in Inghilterra in un futuro prossimo, ho ringraziato il sensei Suzuki per l’opportunità, poi ho espresso le mie riserve sulla possibilità di approfittare di tale invito. E’ ovvio che sia piacevole sentirselo proporre!

Suzuki sensei aggiunse: “Mm questa è una buona idea….Probabilmente dovrei farlo perché mi sono sempre interessato alla filosofia degli antichi samurai e dei monaci. Tu hai ragione sul fatto che dovrei farlo. Ci proverò un giorno.”

La mia domanda finale fu più che altro una richiesta. Speravo che egli terminasse l’intervista dando dei consigli a quelli di noi che ancora hanno molto da imparare. La sua risposta fu semplice ma profonda. Spesso noi studenti dimentichiamo o prestiamo scarsa attenzione ai fondamentali delle arti marziali che pratichiamo. Qualora ci comportassimo in questa maniera, rischieremmo di disperdere il bagaglio di benefici che la nostra pratica ci conferisce. Questa attitudine però deve iniziare fin dal primo giorno.

Di tutte le cose di cui, il sensei Suzuki, poteva parlare, questo è quanto ha suggerito:

“Primo, trovare un buon istruttore. Non potrete mai imparare un buon karate se non fate questo all’inizio. Inoltre, continuate ad allenarvi una volta che avete iniziato. Non dovete togliere tempo all’allenamento. Dovete andarci sempre e continuare a frequentare. Le persone che sono lente ad imparare cambieranno e riusciranno ad assimilare il karate anche loro, tanto di più quanto più a lungo continueranno ad allenarsi. Questo pertanto è il mio consiglio alle persone”.

Dopo di ciò, il nostro colloquio si concluse. Ero dispiaciuto che fosse finito. Avrei potuto passare tutto il giorno ad ascoltarlo. E’ una figura carismatica e per un uomo della sua età, a quel tempo sessantatre anni, il suo modo di fare mi ha lasciato un po’ in soggezione per la sua competenza. Il sensei Suzuki è indiscutibilmente bravo in quello che fa ed incontestabilmente competente nel suo Wado-ryu. (…….)

Tratto da: “Remembering with the Body – Tatsuo Suzuki’s Exploration of Pure Techniques” in  “Budo Masters – Paths to a Far Mountain” di Michael Clarke – Paul H. Crompton Ltd., London & New York 2000:(10-28).

Tatsuo Suzuki

KARATE-DO

di James Sidney

Il professor Tatsuo Suzuki è nato il 27 aprile 1928 a Yokohama ed è laureato in economia nell’università del Giappone. Ha iniziato la pratica del karate all’età di quattordici anni, ricevendo l’istruzione diretta del fondatore del karate Wado-ryu, dal 1945 al 1956. Nel 1951 gli fu riconosciuta la cintura nera quinto dan, a quel tempo il più alto grado riconosciuto nel Wado ryu, all’età di ventiquattro anni.

Dopo essersi trasferito in Inghilterra nel gennaio 1951 Suzuki fondò la prima federazione di karate wado-ryu del Regno Unito e rapidamente si diffuse in tutta Europa.

All’età di quarantacinque anni i risultati di Suzuki portarono l’International Budo Federation a riconoscergli il titolo di Hanshi. Oggi, più di quaranta paesi in Europa, Asia ed America sono inclusi nella Wado International Karate-do Federation (WIKF), fondata da Suzuki nel 1991 nello sforzo di preservare l’essenza del karate wado-ryu.

Il sensei Suzuki ha il grado di cintura nera nel Tenshin Koryo Bo-jutsu e nel judo, in aggiunta alla sua cintura nera Ottavo dan di Karate.

Ho incontrato il sensei Ohtsuka dopo l’ultima guerra mondiale nel quartier generale del Wado-ryu a Tokyo. Aveva circa cinquanta anni. A quel tempo Ohtsuka sensei non insegnava solamente, ma si allenava con noi. Durante i kata era solito stare in mezzo a noi. Il suo modo di parlare era molto gentile, ma il suo spirito era molto forte, come un vero samurai, perciò lo rispettavo veramente molto. Era così ammirevole, tecnicamente e mentalmente, che la mia ambizione è sempre stata diventare meglio di lui. Non mi sono mai paragonato a nessun altro, solo al sensei. Io lo consideravo un padre e lui mi trattava come un figlio.

Ero solito allenarmi con Ohtsuka ogni giorno. Una volta, quando aveva circa sessanta anni ed io mi ero appena laureato all’università, andai a lezione con un tempo veramente brutto. Ero l’unico studente presente. O-sensei mi diceva sempre di rilassarmi perché le mie spalle erano troppo contratte. Il mio karate era molto potente, ma non rilassato. Questa cosa non gli garbava molto; il wado è una miscela di rilassamento e rapidità. Era solito dirmi: “Le tue spalle sono troppo dure, troppo rigide. Rilassati”

Lo capivo con la ragione, ma fisicamente non riuscivo a farlo.

Il giorno che fummo solo due nel dojo, per questo motivo, m’insegnò un jodan tsuki di base, ed io lo praticai di continuo, su e giù per il pavimento per due ore. Solo quella tecnica. Iniziai molto contratto e tiravo i pugni tanto forte quanto potevo. Non appena cominciai a stancarmi, ovviamente, mi rilassai. Dopo tal esperienza, compresi un po’ meglio di prima come rilassare le mie spalle.

O-sensei è stato sempre molto buono con me. Sia da esempio quanto segue. Faceva parte dell’International Martial Arts Federation (IMAF). Era l’uomo al vertice della sezione di karate. Un giorno mi disse “Voglio proporti per farti riconoscere il titolo di Hanshi dall’IMAF”. Io gli risposi: “No, è troppo per me”. A quel tempo, infatti, solo O-sensei in Giappone e nessun altro istruttore giapponese era Hanshi.

Un giorno, nonostante tutto, mi ha consegnato un certificato ed una coppa d’argento da parte presidente della federazione, il quale era lo zio dell’imperatore, che mi nominava Hanshi. Ohtsuka sensei ha pagato ogni cosa e, pertanto, non ho potuto rifiutare.

In un’altra occasione quando ero uno studente universitario, il quinto dan era il grado più alto. Ero già terzo dan e pensavo che fosse sufficiente. Molti altri studenti mi spinsero a sostenere l’esame per il quarto. Erano soliti dire: “ Non possiamo presentarci per i dan se tu non prendi il quarto”. Io rispondevo: “No, no” ma alla fine decisi di fare l’esame per il quarto dan. Ricordo quel passaggio di grado all’Università di Tokyo, era una delle scuole più importanti. Alla fine, O-sensei affermò che ero quinto dan, non un quarto dan. Io risposi: “No, no, sensei, per cortesia datemi il quarto dan che è sufficiente”, perché il quinto dan era il massimo. Soli altri due o tre studenti erano quinto dan ed avevano quaranta o cinquanta anni. Io ero uno studente universitario. Per questo motivo dicevo: “No, questo è troppo. Per favore datemi il quarto dan”. Lui però aggiunse: “Tutti gli esaminatori sono concordi nell’attribuirti il quinto dan, quindi lo devi prendere”. Pertanto lo presi, ma con una certa inquietudine.

Io volevo solo allenarmi duramente. Io non ricordo neanche, quando ho preso il primo o il secondo dan, neanche il terzo, perché non ero interessato, mi allenavo e basta. Non ho mai pensato ai dan.

Ricordo solo il mio quinto dan a causa di ciò che è accaduto.

Così ora dico agli studenti: “Dovete allenarvi duramente. La classificazione in dan non è importante”. Gli occidentali però pensano sempre al dan che hanno. Questo è sbagliato. Bisogna dirglielo e occorre dimostrarglielo. Io mi sto ancora allenando. Qualcuno mi chiede: “Quando ti ritirerai in pensione?” Quando sarò morto. Mi chiedono perché continuo ad allenarmi. Pensano che sono sufficientemente bravo, perfetto. Questa è una domanda stupida. Devo fare molte cose. Devo continuare la pratica per tutta la vita. Naturalmente non ho praticato a sufficienza. Anche se praticassi un solo tipo di pugno in tutta la mia vita, non sarebbe abbastanza. Le persone pensano che dopo venti, venticinque, trenta anni d’età, la loro pratica finisca. Questa non è arte marziale. L’ arte marziale è una ricerca che dura tutta la vita. Le persone affermano: “ Oh, sono troppo vecchio, non posso allenarmi, ma è sbagliato. Non importa se hai quaranta o cinquanta anni, perché il karate non è solo allenamento fisico.  Puoi iniziare ad ogni età se ti alleni con spirito. Uno dei miei studenti in Inghilterra ha iniziato a cinquantacinque anni. E’ morto circa cinque anni fa a settantaquattro-settantacinque anni. E’ diventato quinto dan e ha insegnato ogni giorno in cinque club. Appena prima che morisse, sua moglie mi ha detto che si è alzato ed ha fatto i kata. Ha fatto quattro o cinque kata poi è deceduto. Il suo spirito era molto forte.

Circa dieci anni fa sono andato in Cina per osservare gli artisti marziali cinesi. Ogni giorno per due settimane, mattina e pomeriggio, ero solito scambiare tecniche e discuterne. Tutti erano concordi che il combattimento era solo una parte dell’allenamento delle arti marziali, non tutto. Oggigiorno però, in molti paesi, il karate è praticato solo per il combattimento. Questo è sbagliato. Le persone vogliono solo combattere nelle gare, di  queste, la maggioranza ha circa trenta anni. Prima dei trenta anni d’età l’essere umano ha molta resistenza. Dopo i trenta però, ogni anno la resistenza cala.  La resistenza cala anche con un duro allenamento.  Aggiungendo l’allenamento mentale a quello fisico, in pratica, se si allena lo spirito, si può migliorare a qualsiasi età. Questo è importante.

Oggigiorno le persone pensano solo al karate come sport; io non voglio confondermi con questa mentalità. Quello che è importante è lo spirito, non la tecnica.

Sia da esempio, quando ero uno studente universitario, spesso andavo a fare meditazione. Meditazione zen con Genpo Yamamoto e Soyen Nakagawa. L’addestramento era molto duro. A quel tempo mi allenavo dieci ore al giorno nel karate, qualcuno disse che il sig. Suzuki era pazzo, e dopo il karate ero solito andare a praticare Zen. Periodicamente c’erano dei corsi speciali chiamati sesshin che duravano una settimana intera. Tutto il giorno ci sedevamo e meditavamo solamente. Un’ora in seiza (meditazione seduta) e cinque minuti in kinhin (meditazione in movimento). Poi di nuovo. Dalle quattro del mattino fino alla mezzanotte, tutto il giorno. Era veramente, molto duro, più pesante del karate. Non ho mai conosciuto qualcosa di così duro. In ogni caso, questa pratica è molto utile per le arti marziali. E’ come l’idea di fudoshin. Fudoshin significa rimanere sempre calmi, senza dire mai nulla. In tal caso, anche se una grande roccia cadesse dal cielo e spappolasse il vostro corpo, non potrebbe schiacciare il vostro spirito. Questo è fudoshin.

C’è una storia del famoso spadaccino Miyamoto Musashi. Un giorno incontrò un generale e affermò che aveva visto nei suoi ranghi un samurai molto bravo, un vero samurai. Il generale gli chiese chi fosse questo e Minamoto sensei lo descrisse. Il generale, allora, chiamò il samurai nella stanza. Musashi Minamoto gli disse: “Il tuo generale vuole che tu faccia Seppuku (suicidio rituale); Subito”. Il viso del samurai non accennò una smorfia, disse solo, “Si, signore” e iniziò a prepararsi.

Musashi gli disse: “Fermati. Devo farti una domanda. Che tipo di addestramento speciale hai fatto ?” . “Nessun allenamento speciale” il samurai replicò “ ma una cosa. Ogni sera quando vado a letto appendo una Katana(spada) con una corda sottile dal soffitto appena sopra la mia gola”. All’inizio il samurai non poteva dormire perché aveva paura. Nel momento in cui ha accettato la katana sopra di lui, il samurai ha cominciato a dormire molto bene. Minamoto Musashi annuì e disse: “Si, questo è il motivo per cui tu non hai mai paura”.

C’è un’altra storia di un famoso artista marziale chiamato Yagyu Sekishusai. Egli pensava che la cosa più importante nelle arti marziali fosse avere un cuore impavido, senza paura. Per esempio, nel kendo, è usato il bambù durante gli allenamenti. Non accade nulla di grave se sei colpito. Con una lama vera, però, un semplice tocco potrà ferire; la sensazione, in tal caso, è differente.

Con una spada vera, un errore significa che potresti morire. Di fronte a vita o morte il timore è reale. Sviluppando un cuore impavido, però, l’allenamento nel dojo e ed il combattimento reale danno le stesse sensazioni. Questo sarebbe molto importante, ma la maggioranza delle persone, se si trovasse in uno scontro di spada reale, si comporterebbe differentemente a causa della paura.

Nel momento in cui gli studenti frequentano il mio dojo, l’atmosfera è differente, noi li incitiamo gridando o, qualche volta, percuotiamo le loro anche. Con l’allenamento perciò, il loro modo di fare cambia del tutto. I genitori rimangono molto sorpresi da questo. Praticando per lungo tempo, gli studenti poco alla volta cambiano. Questo è importante. All’inizio a loro non piace la severità. Rimanendo a lungo, però, lentamente cambieranno. Lungo il cammino molte cose si modificano, anche la personalità. Lo spirito, quando è allenato ed è diventato forte, influenza la persona in toto. Questo è un bene per la vita umana.

I partner si devono rispettare a vicenda. Di un avversario che mi colpisce, devo pensare sempre: “Oh, mi sta avvertendo. La mia parata è debole o il movimento del mio corpo è troppo piccolo, per questo che mi ha colpito. Grazie”. Questo è indicativo; il rispetto è importante. Oggigiorno le persone s’innervosiscono e rispondono al colpo.

Uno dei nostri dojokun è jujitsu ni oberezu. Significa che istruttori e studenti non sono sullo stesso livello. Nel caso in cui siete amici fuori del dojo, all’interno, durante la lezione, è differente. Questo è un comportamento da mantenere. Dovete allenarvi seriamente. Ai miei studenti dico: “Ichigo ichi e”. Questo termine viene dalla cerimonia del tè, ma è importante anche per le arti marziali. Significa che solo ora, in questo momento, tu sei con il tuo istruttore. L’istruttore potrebbe morire domani o lo studente potrebbe doversi trasferire. Bisogna sempre pensare che questa potrebbe essere l’ultima volta che ricevete l’insegnamento. Osservate accuratamente, allenatevi duramente, perché questa potrebbe essere l’ultima volta, e queste possono essere le ultime istruzioni.

Tratto da: “Tatsuo Suzuki- KARATE-DO” in The Warrior’s Path di James Sidney – Shambala Publications, Inc., Boston,USA 2003;(68-77)

Articolo reperibile in lingua originale anche sul web:

http://ejmas.com/tin/2004tin/tinart_sidney_0204.html

WADO RYU Okinawa Karate e Shindo Yoshin Ryu Jujutsu

di Costantino Brandozzi

Tra gli stili di karate praticati il Wado Ryu viene considerato l’unico veramente giapponese, frutto della sintesi tecnica del karate di Okinawa, metodo Shorin/Shuri Te, introdotto in Giappone negli anni ’20, e deljujitsu giapponese, sistema di combattimento corpo a corpo disarmato o con armi di piccolo taglio.

Sono presenti nel Wado anche influenze tecniche derivate dalle scuole di scherma, quali la Yagyu Shinkage Ryu (spada lunga) e la Toda Ryu (spada corta).

I prestigiosi riconoscimenti che il suo fondatore Otsuka Hironori ha ricevuto in vita e gli incarichi da egli ricoperti testimoniano l’alta reputazione che la scuola ha acquisito nell’ambiente delle arti marziali:

  • nel 1944 il Butoku Kai nomina Otsuka responsabile di tutto il karate giapponese;
  • nel 1966 l’Imperatore decora Otsuka con l’onorificenza del 5° Ordine di Merito Kun Go To (Cordone del Sole Nascente) e la medaglia Soko Kyokujitsu Sho;
  • nel 1972 il Principe Higashi Kuni no Miya, zio dell’Imperatore e Presidente della Kokusai Budo In (Federazione Internazionale del Budo) conferisce ad Otsuka il titolo di Meijin (letteralmente Uomo Splendente) 10° Dan, il primo nella storia del karate;
  • consigliere anziano della Japan Karate Federation;
  • direttore e consulente della International Martial Arts Federation, Kokusai Budo In;
  • direttore della Japan Ancient Martial Arts Organization, Nihon Kobudo Shinko Kai;
  • consigliere della Società delle Cinture Nere di Judo;
  • consigliere della Società di Ortopedici del Judo, fondata con il Dott. Ryotaro Kanai;
  • conferenziere alla Nihon University di Tokyo;
  • consigliere tecnico del dojo Shiseikan, presso il tempio Meiji;
  • membro della commissione tecnica per la creazione di un metodo di difesa personale della polizia giapponese Taiho Jutsu, insieme agli esperti Saimura Goro (kendo), Nagaoka Shuichi (judo), Shimizu Takaji (25° soke della Shinto Muso Ryu Jodo, bastone medio), Horiguchi Tsuneo (pistola).

Otsuka Hironori: breve biografia

Otsuka Hironori nacque a Shimodate, prefettura Ibaragi, il 1 giugno 1882, primo figlio del dott. Tokujiro, esperto di medicina tradizionale.

All’età di cinque anni iniziò lo studio del jujitsu con il samurai Chojiro Ehashi, zio materno ed istruttore ufficiale di arti marziali del Clan Tsuchiura.

Nel 1905 entrò nella scuola del Maestro Tatsusaburo Nakayama, terzo caposcuola del jujitsu Shindo YoshinRyu e famoso esperto di kendo e di kenjutsu Jikishin Kage Ryu.

Il 1 giugno 1921, all’incredibile età di 29 anni, Otsuka ricevette da Nakayama il diploma di massimo esperto Menkyo Kaiden di jujitsu della Shindo Yoshin Ryu, diventandone così ufficialmente il quarto caposcuola.

Nel 1918, mentre lavorava alla Banca Kawasaki – dopo aver abbandonato il corso di Economia presso l’Università Waseda a causa della morte del padre – Otsuka conseguì il diploma in ortopedia ed osteopatia e dal 1924 al 1938 aprì l’ambulatorio privato Nagurado.

Nel 1922, a Tokyo, Otsuka iniziò lo studio del karate di Okinawa (Tode) con il Maestro Gichin Funakoshi, apprendendo in meno di un anno i 15 kata fondamentali; approfondì lo studio anche con i Maestri Kenei Mabuni e Choki Motobu, residenti ad Osaka; nel tempo, però, ritenne incompleta la metodologia di allenamento che prevedeva la pratica solo dei kihon e dei kata; introdusse, quindi, una serie di kata a coppie per lo studio del combattimento, secondo la tradizione del budo giapponese; nel 1924 insieme a Funakoshi fece la prima esibizione pubblica.

Nel 1929 iniziò a definire regole per il combattimento libero come già avvenuto nel kendo e nel judo.

Otsuka fondò nel 1934 una propria scuola, già ben caratterizzata negli aspetti tecnici peculiari, ma inizialmente denominata Dai Nippon Karate Do Shinko Club.

Al festival annuale della Butoku Kai del 1938, incentrato sui capostipiti delle diverse scuole marziali, Otsuka presentò il proprio metodo Shinshu Wado Ryu individuando in Akiyama Yoshitoki, fondatore del jujitsuYoshin Ryu, il suo antenato.

Dopo il festival, il Maestro Gisaburo Kubo, successore del kenjitsu Yagyu Shinkake Ryu nel Clan Tosa, presso il cui dojo Otsuka aveva trasferito la scuola, fece notare che Shinshu e Wa erano sinonimi, in quanto entrambi significavano “Giappone”; il kanji wa, inoltre, significava anche “pace ed armonia”.

Da allora si mantenne la denominazione Wado Ryu Karate Do Jujitsu Kempo.

Otsuka Hironori è morto nel 1982 dopo aver trasmesso la tradizione della scuola al suo secondogenito Jiro, attuale soke.

Durante la sua vita Otsuka conobbe Morihei Ueshiba, fondatore dell’aikido, divenendone amico ma senza che tra i due ci fosse alcuna influenza tecnica; stessa amicizia lo legò a Kyuzo Mifune, 10° dan di judo, che creò il kata Kuki Nage proprio da un’idea di Otsuka.

IL JUJITSU DELLA SHINDO YOSHIN RYU

Akiyama Shirobei, quindi, fu il fondatore del jujitsu Yoshin Ryu (scuola dello spirito/cuore del salice) e l’antenato del Wado.

Nel 1530 circa, il giovane Akiyama andò in Cina, nella città costiera di Tientsin a sud di Pechino, per studiare la medicina tradizionale; durante la sua permanenza apprese da un mendicante taoista, un certo Huei To, ventotto tecniche di rianimazione (kappo in giapponese) e numerose tecniche di colpi (atemi waza).ai punti vitali (kyusho).

Ritornato a Nagasaki in Giappone, Akiyama approfondì lo studio del sistema appreso che denominò Shuhaku jutsu, ma, non soddisfatto, si ritirò nel monastero shinto Tenmangu di Tsukushi, cercando una migliore ispirazione.

Dopo cento giorni di meditazione, durante una tormenta di neve, notò che un salice non veniva schiacciato dalla neve, come gli alberi di pino, ma invece riusciva a liberarsi dal peso senza alcun danno, grazie all’intrinseca elasticità dei rami.

Da questa esperienza Akiyama codificò i trecentotré movimenti naturali dello Yoshin Ryu.

La scuola Yoshin si è tramandata di generazione in generazione dando origine ad altre jujitsu ryu quali:

  • Shin no Shinto Ryu, ad opera di Tabizaemon Yamamoto;
  • Tenshin Shin’yo Ryu, creata nel 1850 da Iso Mataemon, allievo di Hitotsuyanagi Oribe della Yoshin Ryu e di Joyemon Homma della Shin no Shinto Ryu;
  • Shindo Yoshin Ryu fondata nel 1864 da Ishijima Katsunosuke Matsuoka (1836-1898), specializzato nelle tecniche di colpi ai punti vitali.

Ishijima era il secondo figlio di Dorin Matsuoka, medico ufficiale del Clan Hosokawa nella prefettura Kumamoto (alcuni testi parlano del Clan Kuroda di Fukuoka); all’età di diciassette anni si trasferì a Tokyo a seguito del nuovo incarico che il padre ebbe presso la residenza del Clan.

Ishijima iniziò lo studio delle arti marziali presso la scuola dello shogunato e stabilì un proprio dojo ad Asakusa, Tokyo.

Durante questo periodo fu allievo di Hikotsuke Totsuka della Yoshin Ryu e di Masamichi Iso, caposcuola della Tenshin Shin’yo Ryu, dal quale ricevette il certificato di insegnante nel 1855.

Oltre al jujitsu Ishijima studiò anche il kenjitsu della scuola Jikishin Kage Ryu, con il 14° caposcuola Kenkichi Sakakibara e della scuola Hokushin Itto Ryu con il Maestro Shusaku Chiba; praticò anche la lancia della Hozoin Ryu.

Nel 1864 riunificò la sua esperienza creando la scuola Shindo Yoshin (sacro/nuovo spirito/cuore del salice).

Con la promozione ad ispettore dello shogunato nella provincia Hitachi, prefettura di Ibaragi, Ishijima si stabilì a Ueno ove nel 1870 aprì il dojo Shindokan ed insegò jujitsu e kenjitsu, oltre a dare trattamenti medici.

Nel 1885 ereditò il nome paterno Matsuoka.

Ad Ishijima Katsunosuke Matsuoka succedettero nella trasmissione della scuola Shindo Yoshin nell’ordine Inose Motokichi (1852 – 1921), Nakayama Tatsusaburo (1870 – 1933) ed Otsuka Hironori (1892 – 1982).

Secondo altri autori è esistita anche un’altra linea di insegnamento che, partendo da Inose Motokichi, prosegue con Tatsuo Matsuoka e poi Ryozo Fujiwara.

IL KARATE DI OKINAWA

Raccontare la storia del karate, dalle origini sino alla sua diffusione in Giappone, nei primi decenni del 1900, è molto complesso poiché sono pochi i documenti conservatisi nel tempo ai quali fare riferimento.

Grazie comunque all’opera di valenti ricercatori, per lo più praticanti di karate che pazientemente hanno raccolto tradizioni orali ed i pochi scritti rintracciabili, é possibile risalire con buona approssimazione fino alla fine del 1700, alla figura leggendaria di Sagukawa Kanga considerato il padre del karate di Okinawa, soprannominato dai suoi contemporanei “Tode” ovvero “Karate”.

Le notizie antecedenti a Sakugawa fanno parte più della leggenda che non della storia.

E’ necessario, a questo punto, dare alcune sintetiche informazioni di carattere geografico e storico di Okinawa.

Okinawa è l’isola più grande ed importante dell’arcipelago delle RyuKyu, formato da 76 isole, nel Mar Cinese Meridionale a pari distanza tra Formosa, la provincia cinese del Fujiang e l’isola meridionale giapponese Kyushu.

Data la sua posizione Okinawa ha avuto nei secoli strettissimi rapporti commerciali e culturali con i grandi Stati vicini, maggiormente con la Cina se consideriamo il fatto che dal 1372 al 1866 una delegazione dell’Imperatore cinese per ben 23 volte si recò nelle RyuKyu per incoronare il Re di Okinawa.

Le città più grandi erano Shuri, antica capitale, Tomari, vicina a Shuri e Naha.

Nel 1392 s’insediò a Kume, vicino Naha, una fiorente e prospera colonia cinese.

Queste tre città erano importanti anche perché da esse presero origine tre diversi stili di karate: lo Shuri Te, riservato alla corte ed ai nobili, il Tomari Te, praticato dalla classe operaia, ed il Naha Te, praticato dalla borghesia.

Shuri e Tomari Te costituirono lo Shorin Ryu, scuola caratterizzata da tecniche agili e veloci; mentre il Naha Te lo Shorei Ryu, scuola forte e potente, erede fedele delle tradizioni cinesi.

Nella provincia cinese del Fujiang, la città di Fuzhou diventò il punto di sbarco degli abitanti di Okinawa (chiamati Uchinanchu), i quali vi costruirono ostelli ed uffici; l’influente famiglia Kojo, di Kume, vi aprì anche un proprio dojo per lo studio e la pratica del kungfu.

Durante il regno del re di Okinawa Sho Shin (1477-1526) la proibizione dell’uso delle armi favorì lo sviluppo delle tradizioni popolari di combattimento denominate genericamente “Te”, che significa “mano” oppure “tecnica”.

Nel 1609 il Clan giapponese dei Satsuma (nell’odierna provincia di Kagoshima, all’estremità meridionale di Kyushu) conquistò Okinawa e la controllò per 250 anni; durante tale periodo furono numerosi i contatti con lo Jigen Ryu bujiutsu, scuola di combattimento del Clan.

Fino al 1936 circa, il sistema di combattimento di Okinawa era chiamato ToDe o KaraTe, scritto con ideogrammi che significano “Mano/tecnica cinese”, a testimonianza dell’origine storica e geografica di tale metodo.

Nel 1879 la famiglia reale di RyuKyu fu deposta ed Okinawa diventò, a tutti gli effetti, una provincia giapponese.

Nel 1905 Itosu Anko introdusse il karate nel sistema scolastico di Okinawa; modificò i kata classici introducendo semplificazioni ed eliminando le applicazioni al combattimento.

Nella provincia cinese del Fujiang, e precisamente nella città di Yongchun, sin dall’inizio del 18° secolo si sviluppò uno stile di kungfu denominato il Pugno della Gru Bianca (He Quan), creata da Fang Qiniang, figlia del monaco Shaolin Fang Zong Gong, esperto nella boxe del Pugno del Monaco (Luohan Quan, Shaolin) che era fuggito dal tempio di Henan, a seguito della distruzione nel 1674 da parte dei soldati governativi Qing.

Nella città di Fuzhou, vicina a Yongchun, erano diffusi il Pugno del Monaco, della Gru Bianca e della Tigre.

Questi stili di kungfu vennero introdotti ad Okinawa e costituirono la base del karate, nelle sue molteplici ramificazioni che diedero origine a tradizioni (ryu) nuove.

Introdotto in Giappone intorno agli anni venti dai Maestri Funakoshi, che si stabilì a Tokyo, Mabuni, Motobu (ad Osaka) e Miyagi, il karate subì ulteriori modificazioni, specialmente per opera di Maestri esperti del Budo tradizionale (kenjiutsu, jiujiutsu, ecc.).

La prima dimostrazione pubblica di karate sul suolo giapponese avvenne nel giugno del 1922 da parte di Funakoshi e Gima, uno studente di Okinawa; successivamente, grazie all’interessamento del Maestro Jigoro Kano, fondatore del Judo, Funakoshi si stabilì a Tokyo ed a luglio aprì il primo corso di karate presso il Meisei Juku, collegio degli studenti di Okinawa.

All’inizio, il karate si presentava piuttosto disorganizzato: non esistevano una uniforme di pratica comune ed un sistema di riconoscimento delle qualifiche e dei gradi.

Fu solo grazie alle raccomandazioni del Maestro Kano che nel 1934 il karate fu introdotto nella Dai Nippon Butoku Kai, il quale ratificò il cambiamento del kanji kara dal significato iniziale di “Cina” a quello più nipponico di “vuoto”.

La prima scuola di karate ad essere riconosciuta dalla Butoku Kai fu il Wado Ryu.

Maestri tradizionali: breve biografia

ARAGAKI SEISHO – cinese residente a Kume, esperto nella boxe del Pugno del Monaco.

BUSHI MATSUMURA SOKON – nato in un villaggio vicino Shuri, elevato al rango guerriero di Chikudun Peichin (simile a quello dei samurai) al servizio dei Re di RyuKyu, noto come il Miyamoto Musashi delle RyuKyu acquisì il menkyo kaiden (certificato di maestria) del kenjutsu Jiken Ryu; studiò sia a Fuzhou che a Pechino ove risiedette per 15 mesi a partire dal 1836 e seguì gli insegnamenti del Maestro Iwah.

CHAN NAN – cinese residente ad Okinawa, in un villaggio vicino Tomari; esperto nel Naihanchi da lui originarono alcune forme dalle quali si dice derivino i kata Pin an.

CHINTO – nome di un marinaio cinese che visse in un villaggio vicino Tomari ove insegnò un metodo che prese il suo nome.

HIGASHIONNA KANRYO – di Naha, iniziò a praticare il Pugno del Monaco con Aragaki S. per tre anni; nel 1873 si recò a Fuzhou, entrò nel Kojo dojo ove sembra abbia studiato con Wai Xinxian prima di diventare allievo di Xie Zhong Xiang.

IWAH (Wei Bo) – maestro cinese esperto della boxe del Pugno del Monaco e dello stile del nord Xingji Quan; si dice che abbia insegnato a Pechino ed a Fuzhou nel Kojo dojo.

KOJO TAITEI – cinese residente a Kume, fratello di Kojo Kaho (1849-1945) che aveva fondato il Kojo Dojo a Fuzhou

KUSHANKU – maestro cinese che insieme ad altri boxer, sorpreso da un tifone, si arenò sulle spiagge di Okinawa nel 1762, ove introdusse un sistema di combattimento che prese il suo nome.

MAKABE UEKATA CHOKEN – capo della delegazione di Okinawa che per tre volte si recò in Cina ove apprese sistemi di combattimento riportati successivamente nella sua terra.

MOTOBU CHOYU – maestro esperto di Okinawa, erede legittimo del metodo di combattimento noto come Udon Te, la ”mano del palazzo”, appartenente alla sua famiglia di origine nobile di Shuri; trasmise il suo sapere non al fratello, Choki, ma al suo allievo Uehara Seikichi (1904 – …); il metodo è anche chiamato Motobu Ryu di Okinawa.

SEISHAN – nome di un famoso maestro cinese di Fuzhou, che intorno al 1770 visse ad Okinawa ove insegnò un metodo che prese il suo nome.

TAKAHARA PEICHIN – astronomo e disegnatore di mappe esperto in tecniche di combattimento di Okinawa.

TANG DAIJI (To Daiki) – mercante cinese di tè che nel 1915 si trasferì a Naha, ove insegnò la boxe del Pugno della Tigre.

TODE SAKUGAWA KANGA – di Shuri, profondo conoscitore delle tecniche popolari di combattimento, per il suo valore fisico ed indomito coraggio fu elevato al rango di Chikudun Peichin; studiò  le tradizioni marziali di Satsuma, Fuzhou e Pechino durante i suoi tre viaggi in Cina; si dice che nel suo metodo fossero presenti elementi tecnici delle Scuole cinesi del Nord.

WAI XINXIAN – cinese, maestro di boxe del Pugno del Monaco e del kungfu Xingyj, delegato ufficiale della dinastia Qing; insegnò insieme ad Iwah nel Kojo Dojo di Fuzhou.

WANSHU (Wan Xiu) – capo di una delegazione cinese che nel 1683 si recò ad Okinawa, ove introdusse un sistema di combattimento che prese il suo nome.

WU XIANGUI (Go Genki) – mercante cinese di tè che da Fuzhou si trasferì a Naha nel 1912, ove insegnò il Pugno della Gru Bianca.

XIE ZHONG XIANG – cinese, noto anche con il nome di Ryuru Ko (Lieliu Quo) aveva studiato il Pugno della Gru Bianca di Yongchun con Pan Yuba; creò il Pugno della Gru Strepitante (MingHe Quan), ed insegnò a Fuzhou.

Kata classici

I Quan (in giapponese Kata) del kungfu e del karate costituirono il metodo attraverso cui i segreti dell’autodifesa sono stati trasmessi per generazioni; un aspetto ugualmente importante del Quan è il suo uso ginnico e terapeutico:

Sanchin (dal cinese Saam chien), Saifa (Zuo fa) vincere con tecniche di prese, Seienchin (Sui yun jing) seguire liberamente il movimento dell’energia, Shisochin (Shi zheng jing) la vera potenza dell’energia nelle prese,Kururunfa (Kun lun fa) metodo del tempio di Kun Lun, Seishan (Shi san shi) le 13 energie, Seipai (Shi ba shou) le 18 tecniche, Sanseiru (San shi liu) le 36 tecniche, Suparimpei-Ibarinpa (yi bai ling ba) le 108 tecniche detto anche Petchurrin (Ba bu lian) unire i 100 passi, Chinte la misteriosa mano di bambù, Chinto, Jiin la terra del tempio, Jion il suono del tempio,  Jitte le 10 mani, Kusanku, Naihanchi combattere mantenendo il terreno, Niseishi i 24 passi, Passai distruggere la fortezza, Pinan la pace della mente, Rohai l’airone bianco o la visione della gru, Sochin muovere nella battaglia oppure preservare la pace, Unshu la mano delle nuvole,Useishi i 54 passi oppure la tigre nera oppure usare il pugno della gru bianca, Wankan la corona reale,Wanshu.

Il programma tecnico del Wado Ryu prevede lo studio di nove kata considerati fondamentali: i cinque Pin An, Kushanku, Naihanchi, Seishan, Chinto. Altri sei kata sono complementari: Bassai, Niseihi, Wanshu, Rohai, Jon, Jitte.

È previsto anche lo studio dei kihon, le tecniche fondamentali, eseguite in successione ripetuta.

Otsuka ha codificato inoltre numerosi kata a coppie di combattimento:

TACHIAI (in piedi)

Kihon Kumite, Kumite Kata, Ohyo Kumite, Kumite Ura, Ippon/nihon/sanmbon Kumite

CONTRO ARMI

Tanto Dori (pugnale)

Shinken Shiraha Dori (spada)

IDORI (in seiza)

NAGE WAZA (proiezioni)

GYAKU NAGE (leve articolari)

JOSHI GOSHIN JUTSU (difesa personale per le donne)

KYUSHO (punti vitali)

KAPPO (tecniche di rianimazione)

SHIMERU WAZA (strangolamenti)

CONCLUSIONI

Il Wado Ryu si presenta come un sistema di combattimento completo e totale a mani nude, nel quale il karate di Okinawa costituisce lo scheletro, l’approccio iniziale per il praticante; ma nella sua essenza tecnica il jujitsu rappresenta il cuore profondamente giapponese, con i suoi collegamenti al Budo tradizionale e la profonda conoscenza dell’anatomia umana.

Secondo Otsuka Hironori il Wado Ryu deve innanzitutto essere un mezzo per migliorare l’individuo, singolarmente e nella società, principio esplicitamente enunciato in una delle sue poesie con la quale si chiude il presente studio:

“La Via del Budo non è solo per combattere,

ma per acquisire pace ed armonia interiore,

cercatela”

Che cosa è il karate?

Tratto dal libro: “Karate-Do” di Tatsuo Suzuki
edito da Pelham Books-Londra,1967
Traduzione e commento di Antonio Sartini

Il Karate è fondamentalmente un allenamento per riportare una persona allo stato naturale della mente con cui è nato, disperdendo le illusioni.

Nel Fudochishinmyoroku, un capolavoro nel quale il maestro zen Takuan insegnava a Tagyu Tajimanokami l’essenza del kendo (scherma giapponese) attraverso il buddismo zen, un lavoro altamente apprezzato dai praticanti di kendo e delle altre arti marziali, Takuan parla della mente reale e della mente falsa e materiale come segue:

“La mente reale è un’innata mente pura e la mente convenzionale è una mente macchiata dal pensiero peccaminoso e dalle impressioni acquisite nell’esperienza della vita. Le arti marziali – egli dice – aiutano a riportare questa mente impura e macchiata, nel suo stato naturale di purezza come era alla nascita”.

Lo scopo delle arti marziali è questo: se la nostra mente, quando effettuiamo un attacco, viene pervasa dall’idea del contrattacco dell’avversario, non possiamo combattere con la completa libertà, perché non siamo concentrati sulla nostra azione, ma ci domandiamo se l’avversario calcerà contro il nostro pugno e così via. Allo stesso modo mentre pariamo non possiamo contrattaccare in maniera appropriata , con la mente vuota, se siamo preoccupati dal nostro stesso bloccaggio a causa della paura di venir atterrati da un calcio o da un pugno del nostro avversario.

Un bambino non ha questo complesso di paura. Una persona che si salva per miracolo da un investimento automobilistico rimarrà immobile, i suoi arti gelati dalla paura. Un bambino continuerebbe a muoversi innocentemente perché non ha il complesso della paura.

Una volta qualcuno chiese ad un famoso esperto di kendo:

-Cosa faresti se attaccato improvvisamente?

-Quando sarò allarmato, andrò avanti!- Egli replicò.

In una simile situazione un uomo comune indietreggerebbe inconsciamente.

Questo esperto è capace di agire liberamente in ogni momento ed in ogni occasione, perché ha la mente vuota, libera dalle illusioni della vita.

L’essenza del Budo, quindi, è avere una pura, mente vuota, come alla nascita, libera da dubbi, paure e delusioni in accordo con il maestro zen Takuan.

Se la nostra coscienza è troppo attaccata alla nostra azione, ciò accade se è attaccata al nostro pugno mentre lo tiriamo o se è ossessionata solo dalla parata mentre pariamo, noi non potremo lavorare liberamente.

Le nostre idee, i nostri pensieri, non devono essere attaccati ad alcunché. Non dobbiamo permettere alla nostra mente di essere coinvolta in qualcosa.

Guardando un fiore ammiriamo la sua bellezza. Ma se ci domandiamo perché questo fiore è così bello o da quanto è sbocciato ciò significa che stiamo iniziando ad avere un attaccamento mentale al fiore. Guardando un fiore od un’altra cosa, solo come esso è per il suo aspetto, nessuna cosa rimane nella mente. Questo è ciò che significava una mente pura e reale.

Similarmente, un’azione, come un pugno od una parata, deve aver luogo naturalmente sorgendo da una mente pura, vuota. Questo è uno dei precetti dello zen.

Si è detto che lo scopo del karate è vincere se stessi. Ciò può essere conseguito solo se si possiede una mente pura. Se non siamo attaccati a qualcosa, potremo accettare ogni cosa.

Dobbiamo essere liberi dagli attaccamenti, dall’idea di sacrificio o sofferenza nella pratica, in questo modo possiamo resistere alla fatica ed alla sofferenza e ciò significa che abbiamo vinto noi stessi.

Commento al testo

Più volte in palestra mi sono confrontato con i compagni di allenamento su discorsi che tendevano al rapporto tra tecnica esteriore ed atteggiamento interno della pratica del karate.

Circa venti anni fa ho tradotto il paragrafo che mi appresto a commentare che può essere un valido punto di partenza per i quesiti che spesso mi vengono rivolti fuori e dentro al dojo.

Il M° Tatsuo Suzuki è uno dei più eminenti esponenti del karate wadoryu mondiale. Allievo diretto del M° Hironori Ohtsuka, fondatore del nostro stile, e pioniere del karate wadoryu in Europa, da molti riconosciuto quale erede putativo di Ohtsuka, senza nulla togliere al figlio M° Jiro Hironori II° Ohtsuka che è il reale successore designato dallo stesso padre alla guida dello stile.

Il M° Tatsuo Suzuki ha studiato la dottrina zen con Gempo Yamamoto, un monaco zen molto famoso, e con Soyen Nakagawa1, questo spiega forse la definizione che lo stesso Suzuki da del Karate. In una intervista2 rilasciata alla fine del 1981 il M° Suzuki ha detto di aver praticato per circa dieci anni meditazione zen presso il monastero buddista di Ryutakuji vicino Tokyo.

Confrontando un’altra ventina di definizioni di “cosa sia il karate”, redatte dai più importanti maestri del nostro tempo, ci si accorge che nessuno arriva a formularne una altrettanto profonda. Personalmente ritengo tale definizione la più “affascinante” in senso assoluto anche se poi non è altrettanto semplice da comprendere.

In effetti è una definizione molto legata allo zen e come tale è pressoché impossibile da spiegare totalmente con la logica del pensiero razionale va, in un certo modo, anche intuita.

Innanzi tutto va precisato che il karate non è zen e può essere praticato nella completa ignoranza dei concetti che contraddistinguono questo ultimo. Viceversa un adepto zen vive l’eventuale pratica del karate con lo spirito che lo contraddistingue in tutte le cose della vita quotidiana.

La diatriba del rapporto tra zen e il karate, è stata fonte di infiniti dibattiti, a mio parere e nel limite delle mie conoscenze, la più esaustiva e succinta critica italiana, apportata a questo aspetto, è stata scritta da Ennio Falsoni3, allievo del M°Shirai ai primordi del karate shotokan italiano e vicecampione del mondo di kumite a squadre nel 1972, diventato poi uno dei maggiori promotori della kick boxing.

Partendo da una affermazione del famoso M° Masutatsu Oyama, fondatore dello stile Kyokushinkai, che nel suo libro “This is karate” dice che “il karate è zen”, Falsoni si chiede fino a che punto zen e karate possono essere considerati indissolubili.

Oyama afferma implicitamente che il karate è Zen perché nel karate si ricerca uno stato mentale tipico dell’adepto zen :lo stato mu o del vuoto mentale.

Altri maestri hanno poi ribadito nei loro scritti l’importanza dello stato mentale, la mente vuota, che il praticante di karate deve ricercare affinché la sua tecnica abbia successo.

Falsoni replica che in dieci anni di pratica non aveva mai sentito parlare di legami zen-karate, fatta salva la leggenda di Bodhidarma, e che nessuno maestro giapponese aveva insegnato come raggiungere lo stato di mushin (quando la tecnica “esce” inconsciamente, prima ancora di essere pensata). Tuttavia diversi atleti riuscirono ad affermarsi lo stesso in competizioni internazionali e qualche volta è successo loro di agire in stato di incoscienza, in modo riflesso ed automatico. Questo però è dipeso unicamente dalla ripetizione infinita di una determinata tecnica, come avviene anche in sport come la pallacanestro, senza dover fare ore e ore di zazen per migliorare la tecnica.
Dopo una attenta riflessione storica, Falsoni afferma che l’analogia tra zen e karate è più terminologica che sostanziale poiché il termine Kara è riferito allo stato mentale ideale del karateka che agisce in maniera riflessa, inconscia, senza che ciò dipenda dalla sua volontà. Mentre il termine Sunyata o ku (vuoto, vacuità) è un concetto buddhista metafisico secondo cui tutti i i principi basilari della vita emanano dall’interno di un infinito e primordiale caos.

Secondo Falsoni la tecnica di karate migliora solo con l’allenamento e non con le letture o quelle che lui chiama “pratiche zeniste”.

Infine è interessante riportare per esteso la conclusione : <<Possiamo perciò concludere che il karate associato al buddismo zen sia un’innovazione moderna. Non crediamo però che questo sia “un tentativo di dare ad una tecnica mortale le vesti di una coscienza morale” come scrive lo Haines, bensì il logico adattamento del karate alla tradizione marziale del Giappone, e ai suoi nuovi insegnamenti universali (Ji-Ta-kyo-Ei – amicizia e mutua prosperità del judo di J. Kano e l’Amore universale dell’Aikido di M.Ueshiba). E sono proprio essi, e non il concetto di vuoto mentale, a riunire karate e buddismo zen. Anche il karate ha come fine ultimo il Bene universalmente inteso; ma se il fine è identico, diverse sono le strade che ad esso conducono>>.

Personalmente credo che la posizione di Falsoni sia sotto un certo aspetto insindacabile, diversamente si potrebbero trovare mille altri motivi o spiegazioni per arrivare alla stessa conclusione.

Praticare la meditazione zen per migliorare il karate non è fare Zen. Cinque minuti di Mokuso prima o dopo una seduta di karate non garantiscono alcun miglioramento tecnico. Per imparare a rilassarsi e a concentrarsi bastano le tecniche del trainig autogeno, tanto care alla psicologia dello sport, e che possono offrire un vantaggio per la prestazione ma che nulla hanno a che fare con lo zen.

Ma appurato il bisogno di una critica, per così dire “laica”, del rapporto tra karate e zen, passerei ad analizzare il contenuto di quanto scritto dal M° Suzuki alla luce dei concetti zen.

Il M° Suzuki paragona la pratica del karate alla pratica dello zazen, in entrambi i casi seguendo i principi di hishiryo (il pensiero senza pensiero, al di la del pensiero) e mushotoku (senza interesse ne spirito di profitto) si può arrivare allo stato naturale della mente.

Lo stato naturale della mente è quella condizione in cui il nostro background culturale non influisce sulla costruzione mentale (discriminazione o impulso) di un pensiero o di una azione e pertanto non da luogo ad una emotività incontrollata e limitata dalla nostra coscienza.

Supponiamo di poter guardare il fiore citato dal M° Suzuki , l’immagine viene captata dal nostro cervello e torna nei nostri pensieri rielaborata dalla educazione che abbiamo ricevuto. Pertanto otteniamo una immagine convenzionale che ci fa ricordare che è un vegetale definito fiore, magari pensiamo al nome proprio che possiede, al tipo di fioritura, al profumo, alle modalità di coltivazione o a episodi correlati. Immaginiamo ora di ricevere solo l’immagine di questo oggetto tagliando fuori ogni considerazione razionale legata alla nostra memoria, interrompendo i circuiti di rielaborazione, otterremmo una immagine pura da definizioni che potrebbe essere paragonata alla mente reale.

La mente impura invece è quella convenzionale, quella che è soggetta a desideri, cupidigia ed ignoranza, quella che viene condizionata dalle esperienze imposte. Nell’esempio del M° Suzuki possiamo riconoscerla in un attacco portato con il desiderio di creare danni, con la bramosia di vittoria e con l’ignoranza di chi vuole ragione ad ogni costo. Viceversa potrebbe essere effettuare una tecnica di difesa con la paura di essere colpiti, quindi con il desiderio dell’incolumità, specie se la colleghiamo alla sensazione del dolore che potremmo subire.

Raggiungere la mente pura permetterebbe di raggiungere quella mente vuota dalle illusioni della vita, poiché tutto ciò che viene dalla logica razionale è una illusione nel concetto zen. La stessa sofferenza, la fatica o il sacrificio diventano solo illusioni da superare ma dare una spiegazione razionale di ciò è difficile. Lo zen non può essere scritto, può essere solo praticato e le immagini che otteniamo sono solo esperienze soggettive, la realtà è in noi stessi e solo noi possiamo sperimentarla nessun altro può svolgere il nostro compito introspettivo.

Di tutte le cose esiste un aspetto relativo correlato all’aspetto socio-culturale dei fenomeni ed un aspetto assoluto legato ad una intuizione introspettiva personale.

Così come esiste un “io soggettivo”, il nostro ego, legato ai cosiddetti residui karmici (cioè al risultato dei nostri pensieri e delle nostre azioni) e preda degli eccessi di desiderio, esiste un “io oggettivo”, il cosiddetto “io osservante”, che può essere presente senza risentire dei limiti delle illusioni.

La pratica dello zazen quando viene effettuata senza ricercare risultati (mushotoku) e andando al di là del pensiero razionale (hishiryo) può far approdare alla nostra mente pura. Ma questa mente pura, l’io osservante, non è qualcosa da raggiungere al di la del nostro ego, è qualcosa che ognuno di noi già possiede ma non è abituato a percepirlo. In realtà non esistono due io separati, non c’è un angolo della nostra mente da raggiungere, è la visione introspettiva che permette di superare ogni dualismo.

Durante lo zazen il pensiero non viene bloccato, i pensieri passano come nuvole nel cielo, respirando si manifestano, espirando si lasciano andare. Il praticante è fermo e le nuvole passano.

Durante la pratica del karate (o di qualsiasi altra attività) il praticante si muove come un
treno e i pensieri passano come i paesaggi senza potersi soffermare.

Sia che io stia fermo sia che io mi muova, i pensieri passano attraverso la mente senza soffermarsi, entrambe le condizioni coincidono con una mente osservante.

Durante lo zazen o durante la pratica del karate non è necessario dire “Non devo pensare”, perché questo è pur sempre un pensiero! Bisogna essere naturali, lasciare che affiori il subconscio. Come dice il M° Taisen Deshimaru4 “bisogna per un attimo lasciare la presa, lasciarsi andare completamente, come in fondo all’acqua, per poi risalire e tornare a galla”.

Lo zazen è un tipo di meditazione in cui il controllo della postura ha una enorme importanza, così come la respirazione, anche gli occhi sono aperti perché lo spirito rimane sempre vigile e presente.

Corpo e spirito non sono separati. Se si fa attenzione a qualcosa allora il corpo e la coscienza si concentrano. E lo fanno contemporaneamente. Se ci si concentra sullo spirito
allora anche il corpo si trasforma. Se il corpo non è concentrato, si indebolisce insieme con il tono spirituale. Se il corpo si concentra, lo spirito fa lo stesso. Non ci si può limitare ad un solo aspetto.

Lo zazen può avere delle enormi analogie con la pratica del karate che richiede sempre mente e corpo all’unisono. Basti pensare al significato del KIAI, unire il corpo allo spirito.

Sono convinto che ogni karateka dopo un certo periodo di pratica, magari solo per stanchezza, arriva a mollare il controllo ragionato delle azioni pur perseguendo la tecnica che si era prefissato all’inizio del movimento. Non è difficile, a mio parere, che durante la pratica del karate si riesca ad “aprire la mano del pensiero” e lasciando fuoriuscire la tecnica. Così come la concentrazione sulla posizione o sul movimento favorisce il pensiero senza pensiero. Se ogni volta che devo compiere un’azione mi metto a riflettere, sarà impossibile un’azione efficace.

Più riflettiamo e più l’avversario avrà la possibilità di essere vincente sulle nostre azioni.
Coltivare il proprio io osservante favorisce il non attaccamento ai pensieri ed alle azioni.
Così combattere a rischio della propria vita è facilitato dal non essere attaccati alla vita. Questo è, a mio parere, il principale motivo per cui lo zen ha avuto grande successo nella casta dei Samurai. I samurai spondevano ad un codice di onore e dovevano essere sempre pronti a dare la vita per il proprio signore, come avrebbero fatto ad agire solo per incoscienza? Si drogavano o agivano coscientemente sublimando l’attaccamento alla vita ?

Miyamoto Musashi (1582-1645), il più grande schermidore che il Giappone abbia prodotto, vincente in ben 68 duelli mortali, in una breve poesia espresse l’idea del mushin (non pensiero, inconscio, mente priva di pensiero):

Sotto la spada levata alta
C’è l’inferno che ti fa tremare;
Ma vai innanzi
E troverai la terra della beatitudine

Di fronte ad un combattimento imminente il combattente deve liberare la mente da qualsiasi preoccupazione. La sua mente non deve rimanere fissata né sulle intenzioni dell’avversario, né sulle proprie, ma restare “vuota”, in modo che corpo e mente, in perfetta simbiosi, agiscano conseguentemente alle circostanze.

Nello stato di mushin si supera l’io relativo, il nostro ego, subentra l’io osservante libero dallo stato di paura, di morte e di fallimento.

Vincere noi stessi non vuol dire non aver amor proprio, o associarsi ad una setta di autolesionisti, significa superare il limite del nostro ego passando il controllo al nostro io osservante che non è un elemento passivo del nostro essere, ma è il controllo di noi stessi con la mente svuotata dalle illusioni.

Antonio Sartini

1Suzuki T. KARATE-DO – Pelham Books Limited, London 1967;
2Ballardini B. “Tatsuo Suzuki:l’anima del wado-ryu – un’intervista esclusiva” inserto FIKDA –
Samurai Dic 1981;
3Falsoni E. Il KARATE MODERNO – Feltrinelli Editore, prima edizione maggio, 1974;
4Deshimaru T. Domande ad un maestro zen -Ubaldini Editore – Roma 1983;

Biografia del M° Otsuka

O Sensei Meiji Ohtsuka judan
Approfondimenti biografico-cronologici del M°Ohtsuka Hironori I
di Antonio Sartini

Introduzione

Nel contesto socio-culturale con cui ci confrontiamo quotidianamente, la critica denigratoria di ideali e tradizioni sembra essere diventata un “must” intellettuale del vivere odierno. Tutto deve essere esaminato, smontato e possibilmente riadattato alle interpretazioni di un “pseudo decadentismo post-atomico”.
In un simile contesto, ove “l’atto motorio” del karate viene “montato coreograficamente” su basi musicali snaturando alcuni significati fondamentali della pratica, quale tipo di curiosità dovrebbe spronarci a conoscere i dati biografici del O Sensei Meiji Ohtsuka judan ?
Se da un punto di vista prettamente scientifico l’evoluzione è una condizione essenziale, dal punto di vista etico-deontologico a volte il progredire dei tempi favorisce una sorta di involuzione. Il senso materiale delle cose tende a inibire la capacità di introspezione e di crescita spirituale dell’individuo pertanto, il frutto di una società tecnologicamente sempre più avanzata rischia di diventare un essere superficiale, incapace di crescere interiormente e fine a se stesso.
Quindi, quando all’inizio della pratica ci genoflettiamo sedendoci poi in “seiza” e, al comando – “O Sensei-ni-rei !”- flettiamo in avanti il busto con lo sguardo basso sul tatami effettuando lo “zarei”, a chi rivolgiamo la nostra reverenza, a chi ostentiamo il nostro rispetto?
Eseguiamo questo rituale solo perché “fa figo un oriental trend” o per “creare l’atmosfera”? Non è forse una delle prerogative del karate-do realizzare la piena coscienza e lo spirito vigile nelle nostre azioni?
In quel momento, con quel cerimoniale, non eseguiamo qualcosa di meccanico ma onoriamo la memoria di colui che ha creato il nostro stile, che, a suo tempo, è andato, in un certo modo, controcorrente ed è stato un innovatore nel senso più profondo della pratica marziale.
Dopo il saluto iniziale entriamo nella pratica della via che Sensei Ohtsuka ha intrapreso
prima di noi, seguiamo le sue orme lasciando tutto il resto fuori dal dojo.
Conoscere la storia del Sensei Hironori Ohtsuka significa anche capire quello che pratichiamo, intraprendere una evoluzione che ci aiuti ad uscire dalla “psicologia del gregge”tanto cara a chi concepisce il karate con metodi di globalizzazione.
Lo scopo biografico di questo lavoro è dare una certa consequenzialità agli episodi fondamentali della vita di O Sensei Hironori Ohtsuka cercando un ordine cronologico, più o meno indicativo, per quanto consentito dalle notizie reperibili da fonti bibliografiche e su siti ufficiali in Internet. La principale difficoltà sono state le date di riferimento che, nelle varie fonti consultate, difficilmente coincidono. Pertanto ho privilegiato le date indicate dal Maestro e dai suoi discendenti tenendo conto comunque che alcune notizie sono indicate solo da altri autori. In ogni caso, dove non è facile stabilire la data ho riportato un intervallo di tempo che comprende le diverse indicazioni trovate.
L’impostazione di questo lavoro ha volutamente evitato di entrare nel merito della filosofia o delle motivazioni di determinate scelte operate nella creazione dello stile Wado Ryu, innanzi tutto perché i semplici fatti a volte rendono più giustizia delle interpretazioni e poi perché un tale studio richiederebbe un’applicazione ben più impegnativa di questo, se lo si volesse intraprendere con una certa onestà intellettuale.
Per quanto riguarda i semplici avvenimenti, ci sono fatti, a mio avviso importanti, che vengono riportati in maniera frammentaria e spesso contraddittoria, pertanto questo lavoro è solo un modesto tentativo di riunire, in maniera limitatamente critica e in un puzzle omnicomprensivo, le notizie trovate nei documenti di facile reperibilità senza pretesa alcuna e senza verifiche storiografiche, tali da fargli assumere un significato ufficiale. Viceversa sarebbe stimolante ricevere ulteriori notizie per poter ampliare e/o correggere quelle di seguito riportate. Pertanto invito i lettori a mandarmi (antonio.sartini”at”tiscali.it) ulteriori notizie,indicazioni o precisazioni, possibilmente correlate di una bibliografia credibile e rintracciabile, per ampliare e migliorare il presente lavoro.

Biografia

1892
Il Maestro Hironori Ohtsuka nacque nella città di Shimodate, nella prefettura di Ibaragi, ad un centinaio di miglia da Tokyo, in Giappone il 1° giugno 1892. Alla nascita venne chiamato Kuo, il nome Hironori è un nome d’arte legato alla pratica marziale che egli adottò in uno stadio seguente della sua vita. Fu il primogenito maschio ma secondo di quattro figli del Dr. Tokujiro Ohtsuka e della moglie Sato. Il padre Tokujiro si era laureato al Jikei Medical College in medicina era specializzato in pediatria e lavorava all’ospedale della città di Shimodate. Questa posizione di tutto rispetto forniva uno stipendio molto alto ed è stato riferito che ammontava a cinquanta yen al giorno, un somma generosa per gli anni intorno al 1890. Questo livello di entrate non solo gli assicurava una posizione sociale elevata ma gli permetteva anche di comprare terre e proprietà per il futuro della sua famiglia. Sua madre, Sato, discendeva da una famiglia di samurai.
Il caso volle che lo stesso anno della sua nascita fu istituita la Dai Nippon Butoku Kai (federazione di tutte le arti marziali giapponesi).

1897
Kuo (Hironori) era un bambino di costituzione gracile e di salute cagionevole, pertanto fu deciso che la pratica delle arti marziali l’avrebbe aiutato ad irrobustirsi. All’inizio pensarono che il kendo sarebbe stata la disciplina dalla quale, il giovincello, avrebbe ricevuto beneficio (era più una sua idea che non quella della sua famiglia), ma sua madre temeva per il benessere del suo primogenito maschio, contestò la proposta, preoccupandosi del fatto che i costanti colpi in testa avrebbero danneggiato il suo cervello.
E’ molto probabile che il giovane Hironori non avesse avuto difficoltà ad accettare l’idea che la pratica delle arti marziali avrebbe portato benefici alla sua salute poiché fin dalla più tenera età aveva ascoltato le entusiasmanti storie delle gesta dei samurai raccontate dallo zio di sua madre, Chojiro Ebashi, che era un insegnante di arti marziali nel clan di Tochiura.
Infatti, nonostante alcuni autori sostengano che fu il padre ad avviarlo ai primi rudimenti del jujitsu, fu lo stesso prozio che nell’aprile del 1897, quando Hironori aveva solo cinque anni, che per primo lo istruì formalmente nell’arte del Koryu (antica scuola) di jujitsu, una disciplina che egli avrebbe studiato esclusivamente ed appassionatamente nei seguenti venticinque anni. Non è chiaro quale stile il prozio insegnasse ma in definitiva diede al giovincello i primi accurati rudimenti di tecniche tradizionali.

1905
Nel 1905, all’età di tredici anni, Sensei Ohtsuka entrò nella scuola media di Shimozuma dove studiò lo Shinto Yoshin Ryu ju jitsu, con 35 altri giovani allievi, sotto la direzione del caposcuola Sensei Tatsusaburo Nakayama (1870-1933), il quale per venti anni fu istruttore di kendo e jujitsu in quella scuola. A quel tempo non era insolito per un istruttore di kendo praticare il jujitsu in modo da ottenere un diploma di medicina tradizionale ortopedica. Il Sensei Nakayama ottenne il suo diploma dopo la pratica dello Shinto Yoshin Ryu, ma in origine era uno studente di scherma del Jikishin Kage Ryu.
La branca di jujitsu che venne insegnata al giovane Hironori dal Sensei Nakayama metteva una forte enfasi sugli atemi, che comprendevano colpi ai punti vitali sia di piedi che di mani. Furono queste tecniche particolari che lo predisposero, con una certa facilità, ad assimilare ed inglobare il karate di Okinawa nel suo allenamento alle arti marziali. Mentre gran parte delle scuole di ju jutsu era specializzato nelle proiezioni e nelle tecniche a terra, è stata avanzata l’ipotesi che le principali branche dello Yoshin Ryu jujitsu si specializzarono nel colpire i punti deboli del corpo umano perché i due fondatori storici di questa scuola erano medici, esperti nell’arte tradizionale della medicina cinese e giapponese.

1910
Nell’estate del 1910, quando aveva diciotto anni,il Sensei Ohtsuka entrò all’Università di
Waseda , una delle migliori del Giappone, per studiare in una facoltà simile all’odierna “economia e commercio”. Durante la specializzazione universitaria, cominciò ad allenarsi nelle principali scuole di ju jutsu della capitale, a quel tempo numerose, con l’intento di migliorare la sua abilità e la sua capacità tecnica. Continuò questo tipo di esperienza per quattro anni finché non iniziò ad intuire che tutte le tecniche di jujitsu erano le stesse,a prescindere dallo stile, erano ripetitive ed avevano, fondamentalmente, le stessa matrice.
Pertanto smise di andare nelle altre scuole ed iniziò ad allenarsi nella propria.
Sono state fatte varie ipotesi su quali scuole visitò durante questi quattro anni itineranti.
Egli disse che aveva studiato sia il Tenshinshinyo Ryu jujitsu che il Kito Ryu jujitsu. Nel
libro “Wado Ryu Karate”il M°Ohtsuka riporta che nell’estate del 1911continuò la pratica del jujitsu con speciale enfasi sul Toshin Kempo.

1912-1913
Dopo la morte del padre nel 1912, durante il terzo anno di Università, sua madre lo convinse a ritirarsi e ad andare a lavorare alla Banca Kawasaki, di proprietà del prozio, perché era preoccupata per l’infatuazione di Sensei Ohtsuka verso le arti marziali.
Fin dal 1913 Sensei Ohtsuka iniziò lo studio di tecniche tradizionali di riduzione osteo-articolari (Seikotsu) oltre che di Kappo, metodi tradizionali di rianimazione, estensione del Kuatsu.

1914-1916
Dopo il servizio militare Sensei Ohtsuka iniziò a lavorare alla banca “Kawasaki”. Continuò a lavorare in banca per 10-12 anni come un obbligo verso sua madre ma, durante questo periodo, non smise mai la pratica del jujitsu.
Secondo i suoi familiari,il Sensei Ohtsuka aveva già sentito parlare del karate prima del 1922 tanto che, poichè la residenza degli ufficiali di governo locale ere situata dalla parte
opposta alla banca dove lui lavorava, andava continuamente chiedendo agli ufficiali di Okinawa se qualcuno sarebbe venuto ad insegnare karate , ma questo fino al 1922 non si verificò mai.
In questo periodo, secondo Kenji Tokitsu, continua il jujitsu nel dojo del Sensei Motoo Kanaya, Kyōshi (maestro di secondo grado del Butoku-kai), che è al tempo stesso maestro di judo, e continua la pratica un arte medica tradizionale per la cura delle fratture e delle articolazioni, pratica ritenuta essenziale nel Koryu jujutsu. Invece lo storico Dr. Ryozo Fujiwara, riporta che il Sensei Ohtsuka si allenò con l’istruttore del Butokukai, Sensei Motoo Kanaya in Yoshin Koryu jujitsu negli anni tra il 1919 e il 1921, ma questo, in ogni caso, deve essere ancora accertato.

1917
Secondo alcuni autori, in questo periodo incontrò il Sensei Morihei Ueshiba, fondatore dell’aikido, e diventarono buoni amici. Qualcuno sostiene che questa amicizia influenzò
Ohtsuka al punto da fargli assimilare i principi spirituali dell’Aikido dell’unione del Ki che poi svilupperà nella creazione e nella pratica del suo stile personale , il Wado Ryu. A detta del Sensei Konishi, il Maestro Ueshiba non teneva in grande stima il karate-jutsu di Okinawa, mentre apprezzò i tentativi di chi, come lo stesso Konishi, fuse le tecniche di jujitsu ed aikido con il karate.

1919
Mentre stava ancora lavorando in banca nel maggio del 1919,dopo due anni di studi, Sensei Ohtsuka riceve il diploma di arte medica tradizionale che consisteva in “tecniche di riduzione osteo-articolari”(il già citato Seikotsu), una sorta di pratica ortopedica che riuniva metodi di cura e riabilitazione (oggigiorno ravvisabili con elementi di chiropratica, fisioterapia e osteopatia).
Nella visione del Budo giapponese, la conoscenza di elementi di medicina tradizionale era l’altra faccia della stessa medaglia. Infatti questa pratica colmava una lacuna etica, se da un lato si era in grado di lesionare il corpo umano , dall’altro era necessario conoscere i metodi per porre rimedio ai danni causati.
Dopo aver finito la scuola ortopedica, incontrò Ryotaro Kanai che era un medico ortopedico che era preoccupato per i traumi nel judo/jujitsu e che chiese al Sensei Ohtsuka di creare un gruppo di istruttori di judo/jujutsu per studiare quello che si conosceva sulle lesioni ortopediche. Il Sensei Ohtsuka fu vice presidente di questa organizzazione che tuttora esiste.
Egli mantenne la carica solamente per un anno perché la sua scuola medica cresceva troppo rapidamente.
Le tecniche di rianimazione sono tuttora praticate in alcuni circoli di judo Kodokan. Tre tecniche di queste che fanno parte del curriculum del Kodokan sono : Sasoi Katsu, Eri Katsu e So Katsu ognuno dei quali comprende metodi per indurre la respirazione tramite un massaggio diretto dell’addome e del diaframma.
Le conoscenze e l’abilità del Sensei Ohtsuka in questa materia fu tale che quando Sensei Funakoshi nel 1935, pubblicò la prima edizione della sua opera magistrale, “Karate do Kyohan”, è stato detto che, la sezione su i punti vitali del corpo, con le relative figure, e l’effetto degli attacchi a questi punti, è stata fornita dallo stesso Ohtsuka a Funakoshi. Infatti questo tipo di carte e di diagrammi erano molto comuni nel Koryu giapponese, ma al di fuori del “Bubishi”(la cosiddetta bibbia del karate di Okinawa), non sembra fossero prerogativa delle arti marziali di Okinawa.
In questo periodo Sensei Ohtsuka decise che voleva diventare un artista marziale a tempo pieno ma sua madre si oppose a tale proposito. A prescindere dal rispetto per sua madre, posticipò questo progetto.

1921
Il 1° giugno del 1921 Sensei Othsuka celebrò il suo ventinovesimo anno ottenendo l’agognato menkyo-kaiden (riconoscimento di successione) dallo stesso Sensei Nakayama,che lo designava come successore, maestro dello stile Shinto Yoshin Ryu,, legittimato da un diploma di “massimo profitto” nello stile di jujutsu. Egli subentrava come la 4a. generazione del Shinto Yoshin Ryu, in altre parole, caposcuola e 4° patriarca dello stile.

1922
Nel 1922 un articolo di un giornale riportava la visita in Europa del principe ereditario Hirohito, tale scritto era destinato ad segnare profondamente la vita del Sensei Ohtsuka,
infervorendo la sua immaginazione, e diede una nuova direzione alla sua carriera nelle arti marziali. Il racconto menzionava che il principe ereditario aveva visitato anche Okinawa dove era stato intrattenuto con le danze e con una dimostrazione di Karate. In contraccambio, Sensei Gichin Funakoshi e altri differenti gruppi andarono a Tokyo per un Expo per mostrare le differenti culture di Okinawa e per dimostrare le loro arti marziali locali.
Nel giugno del 1922 il dipartimento dell’educazione giapponese organizzò a Tokio il suo primo festiva dello Sport. Sensei Gichin Funakoshi, fondatore dello stile Shotokan, fu invitato da Okinawa per rappresentare il Karate. Sensei Funakoshi mostrò il kata Kushanku. Uno studente di Okinawa, il sig. Gima, che in quel momento si trovava per fortuita coincidenza all’università di Tokio,dimostrò il kata Naifanchi.
In seguito alle dimostrazioni, il Sensei Jigoro Kano, fondatore del Judo Kodokan, invitò sia il Sensei Funakoshi che il sig. Gima nel suo Dojo. Il Sensei Kano riconobbe che il Karate jutsu aveva lo stesso spirito di un’arte marziale giapponese. Il Sensei Kano era rinomato come il miglior artista marziale del momento e pertanto le sue opinioni venivano tenute in grande considerazione.
Il Sensei Funakoshi fu invitato a prolungare la sua visita ed a soggiornare alla “ Meisei Juku”, la casa dormitorio per gli studenti di Okinawa.
Nel luglio del 1922 il Sensei Funakoshi iniziò ad insegnare il karate jutsu nella sala da pranzo della “Meisei Juku” a Tokio.
Nel 1922 un amico del Sensi Ohtsuka ,il Sensei Ito, 5° dan di judo, allievo del Sensei Kano, lo informò che lo stesso Jigoro Kano aveva invitato un maestro di Okinawa, il Sensei Funakoshi, per una dimostrazione di Ryukyu karate jutsu. Quando venne a sapere della dimostrazione ne rimase molto incuriosito. Sembra che Sensei Ohtsuka riuscì ad assistere a questa storica dimostrazione tenuta dal M°Funakoshi al Kaisei Juka di Tokio il 6 giugno del 1922, dopodichè,confidando nel giudizio del Sensei Kano, decise di far visita allo stesso Sensei Funakoshi. Il Sensei Ohtsuka approdò al karate dopo diciassette anni di pratica intensiva del jujitsu, pensando di trovarvi degli elementi complementari per la propria evoluzione nel jujitsu.
Quindi il trentenne Sensei Ohtsuka visitò il sensei Funakoshi alla “Meisei Juku” e discusse di vari aspetti per diverse ore. Lo stesso Sensei Ohtsuka raccontava che il Sensei Funakoshi lo accolse benevolmente, spiegandogli con entusiasmo cosa fosse il karate e dicendogli che gli avrebbe insegnato volentieri. Infatti Sensei Funakoshi disse al Sensei Ohtsuka di conoscere quindici kata e , per chi non aveva alcuna esperienza, occorrevano almeno cinque anni per impararli. Invece nel caso di un esperto nelle discipline del Budo sarebbero stati sufficienti due anni. Spiegò infine che la possibilità di progredire ad un livello più elevato dipende dalla qualità di allenamento di ognuno. Sebbene la gran parte degli okinawensi apparivano sospettosi di natura,il sensei Funakoshi si dimostrò sorprendentemente aperto e franco, quasi ingenuo. Il Sensei Funakoshi, notando la sua abilità specialmente negli atemi, chiese al Sensei Ohtsuka se già avesse praticato il karate, ciò dipendeva dal fatto che lo Shinto Yoshin Ryu già includeva atemi waza di braccia e di gambe. Comunque il Sensei Funakoshi accettò di istruire il Sensei Ohtsuka su tutto ciò che sapeva del karate justu. Le lezioni cominciarono quello stesso giorno. Da quel momento il Sensei Ohtsuka praticò Karate ogni sera alla Meisei Juku diventando lo studente anziano (sempai) del Sensei Funakoshi.
Il Sensei Funakoshi, come accennato, conosceva solo 15 kata a quel tempo ed il Sensei Ohtsuka li completò in meno di un anno e mezzo. Il Sensei Ohtsuka constatò che alcuni movimenti erano difficili da interpretare ed inapplicabili in combattimento. Non rimase soddisfatto dall’apprendimento del solo ordine di movimenti dei Kata, avrebbe voluto visitare Okinawa per estrapolare il significato di ogni movimento ma il Sensei Funakoshi si rifiutò di andare nell’isola. Il Sensei Funakoshi aveva una ragione per non voler tornare ad Okinawa. A causa dei debiti di gioco contratti dal figlio più anziano, Giei, non era in grado di rientrare ad Okinawa.
Comunque il Sensei Ohtsuka era deciso a partire per Okinawa ma poco prima della partenza rinunciò a questo viaggio perchè venne a conoscenza di una dimostrazione di budo che doveva aver luogo nel maggio del 1924 nel dojo del Palazzo Imperiale. Su raccomandazione del Sensei Kano poteva partecipare il karate jutsu e pertanto si stava verificando una occasione eccezionale per inserire ufficialmente questa arte marziale nel contesto del budo giapponese.

1924
Sensei Funakoshi vide opportuno ratificare i gradi di dan, sul tipo delle graduazioni stabilite da Jigoro Kano nel Judo Kodokan, mediante la consegna di un diploma ufficiale. La prima persona che ottenne la cintura nera dal Sensei Funakoshi fu Gima, lo studente di Okinawa.
Il 24 aprile 1924 Sensei Funakoshi diplomò il secondo gruppo di graduati a cintura nera 1°Dan che furono, Kasuya, Akiba, Shimizu, Hirose e Sensei Hironori Ohtsuka. Queste furono in senso assoluto le prime cinture nere mai presentate nel karate moderno, il cerimoniale prevedeva la consegna del diploma con una striscia di stoffa nera.
Il Sensei Kano riferì al Sensei Funakoshi che lo spirito del “Budo”era costituito sia dalla
difesa che dall’attacco e pertanto la sola pratica del kata non era sufficiente.
Sensei Ohtsuka e Sensei Funakoshi iniziarono ad elaborare il contenuto della dimostrazione, entrambi erano coscienti che per affermarsi come budo, non era sufficiente mostrare soltanto dei kata ma diventava indispensabile applicarli in una forma di combattimento. In questa occasione l’esperienza del Sensei Ohtsuka fu di grande utilità poiché elaborò dei kata di combattimento partendo dai modelli di allenamento del jujitsu. Alcuni autori sostengono che Sensei Ohtsuka aveva già sviluppato numerosi “Yakusoku Kumite”(tecniche di combattimento preordinate)con un partner,tra cui l’ Idori No Kata, il Tachi Ai No Kata e lo Shirahatori No Kata. Altri autori sostengono che iniziò ad elaborare gli Yakusoku Kumite in questa occasione, fatto sta che formalizzò degli esercizi a due, dove “torì” attaccava con la spada ed “uke” si difendeva dominandolo con tecniche di karate. Konishi riporta che fu a partire da questa
dimostrazione che la reputazione di Ohtsuka cominciò a precedere quella di Funakoshi.
Sensei Ohtsuka ha anche mostrato in uno dei primi libri del Sensei Funakoshi il lavoro con tecniche tipo Idori facendo da Uke per Funakoshi in queste stesse tecniche.
Il giorno della dimostrazione nel maggio del 1924 il Sensei Ohtsuka si presentò per la scuola del Sensei Funakoshi dimostrando, in pubblico, questi kata di combattimento preordinato, gli “Yakusoku Kumite”. Il Sensei Funakoshi fu riconosciuto come la prima persona che ha introdotto in Giappone il Ryu Kyu Karate jutsu detto anche stile del Karate di Okinawa. Inoltre in seguito a questa dimostrazione più di una decina di università della regione di Tokyo si rivolsero all’insegnamento dei Sensei Funakoshi ed Ohtsuka. Come per la dimostrazione , il contributo del Sensei Ohtsuka fu molto importante per l’elaborazione, da parte del Sensei Funakoshi, di uno metodo di allenamento al karate che corrispondesse all’immagine del budo tra i giapponesi .Insieme misero a punto molti Yakusoku kumite a partire dai modelli del jujitsu.
Sebbene il Sensei Funakoshi abbia avuto il merito di favorire e sostenere l’introduzione del Karate nella principale isola giapponese facendo proseliti con la sua intelligenza ed il suo carisma, gradatamente Sensei Ohtsuka divenne sempre più importante per lui, spesso assistendolo nell’insegnamento e nelle dimostrazioni.
Nel settembre del 1924 (anche se lo stesso Konishi riportava l’incontro nel 1923) Gichin Funakoshi e Hironori Ohtsuka andarono alla sala di Kendo dell’Università di Keio e si presentarono al Sensei Yasuhiro Konishi con una lettera di introduzione del Professor Kasuya, docente di tedesco all’Università di Keio. Sensei Funakoshi gli chiese gentilmente se avessero potuto utilizzare il dojo per la pratica del karate di Okinawa. In precedenza Konishi era rimasto impressionato dal karate, quando pochi anni prima era rimasto incuriosito dalla tecnica di uno studente di Okinawa che aveva incontrato mentre era allievo alla Keio. Con questo incontro, l’interesse di Konishi si riaccese e fu costituito(nel 1924) un club di karate di Okinawa affiliato al dojo di Kendo. Dopo breve tempo fu stabilito che gli istruttori fossero Funakoshi, Ohtsuka e Konishi.
Secondo alcune fonti,nei primi tempi alla Keio arrivavano adepti del jujitsu giapponese per sfidare Funakoshi ed il suo nuovo sistema di combattimento. Secondo l’etichetta queste sfide venivano affrontate dagli studenti più anziani, cioè Konishi ed Ohtsuka, che non furono mai sconfitti, nemmeno una volta. Il successo venne poi interpretato da Funakoshi come frutto dei benefici della pratica del karate.
Sia Ohtsuka che Konishi riconobbero che la fiducia data elusivamente all’allenamento di kata aveva dei limiti e molto presto cercarono di introdurre delle esercitazioni in coppia basate sulla loro rispettiva esperienza nel kendo e nel jujitsu. Questa idea sembrava essere stata accettata da Funakoshi poiché doveva sembrargli ovvio che le cose dovevano seguire i tempi ed alcuni cambiamenti sarebbero stati inevitabili.
Il Sensei Konishi era un adepto di kendo che seguiva un percorso parallelo a quello del Sensei Ohtsuka, cercando di evolvere il suo karate integrandolo con elementi acquisiti nella pratica del kendo. I due furono buoni amici e la collaborazione tra di loro durò per tutta la vita.
Sensei Konishi più tardi creò la scuola di karate Ryobukai ma che non ebbe una grande
espansione.
Lo stesso Konishi scrisse che Sensei Ohtsuka aveva la reputazione di eseguire i kata meglio del Sensei Funakoshi. Sembra che a partire da questo periodo questa fama rincrescesse al Sensei Funakoshi.
In questo periodo, intorno al 1924, il Sensei Ohtsuka aprì anche una attività come tecnico
ortopedico simile ad un piccola clinica ortopedica chiamata Nagurado a Suehirocho, Kanda Tokyo, che tenne aperto fino al 1938. Nella clinica Nagurado non ebbe molti pazienti perché passava la maggior parte del tempo ad insegnare karate ma, durante la guerra, fu particolarmente attivo per la riabilitazione dei reduci feriti.

1925(?)
Il terzogenito di Funakoshi, Yoshitaka (anche conosciuto come Gigo) venne in supporto al padre e fu colui che ebbe il ruolo principale nello sviluppo di quello che oggi è conosciuto come Karate Shotokan con una tecnica molto differente rispetto a quella praticata dallo stesso Funakoshi.
Già da questo periodo molti degli allievi anziani avevano riferito quanto Sensei Ohtsuka
avesse cominciato ad inserire le proprie idee nel proprio insegnamento. Tanto che il Sensei Yasuhiro Konishi, ricordò di essere stato presente in una occasione, alla Meisojuku, quando Funakoshi obbiettò con Ohtsuka di fronte agli allievi per l’introduzione di certi elementi del jujitsu nell’allenamento.
Mentre molti degli studenti sotto Sensei Ohtsuka videro immediatamente i vantaggi di questo connubio tra jujitsu e karate,altri ci videro solo un inquinamento dell’arte del Sensei Funakoshi. La principale voce di questo fu lo stesso figlio di Funakoshi, Yoshitaka,che non perse tempo nell’informare suo padre che tale comportamento era paragonabile ad un atto di tradimento.
Indiscutibilmente Funakoshi vedeva l’introduzione di queste nuove idee di Ohtsuka come intrinsecamente contrarie al cuore del suo insegnamento e, per questo, lo criticava pubblicamente.
Per Yoshitaka , comunque, il rimprovero di suo padre non era sufficiente e chiedeva la pubblica espulsione di Ohtsuka per il bene della scuola Shotokan.

1926
Dopo la morte della madre, il Sensei Ohtsuka diede le dimissioni dalla Banca “Kawasaki”ed ebbe una buona uscita di 1000 yen che equivaleva per un funzionario ad un anno di reddito. Contribuì con 200 yen del suo denaro al fondo per il dojo del Sensei Funakoshi e, in quel periodo, essendo un bancario, amministrò i fondi per il Sensei Funakoshi destinati a costruire il dojo.
Altri studenti contribuirono a questo fondo così che il totale fu di 600-800 yen. Allo stesso tempo il figlio, Giei, si accorse che il Sensei Ohtsuka aveva raccolto il denaro per il dojo e voleva il denaro per pagare i debiti contratti con il gioco di azzardo. Giei chiedeva con insistenza il denaro per estinguere i suoi debiti. Dopo essersi stancato di ascoltarlo, il Sensei Ohtsuka ebbe un incontro con gli altri studenti anziani per vedere cosa volevano fare in riguardo ad un prestito per pagare i suoi debiti. Loro sentivano che, essendo Giei figlio del Sensei, dovevano aiutarlo, così gli prestarono il denaro che lui non riconsegnò mai più. Dopo ciò che si era verificato, Giei diffuse la voce che il Sensei Ohtsuka aveva rubato il denaro.
Il sensei Funakoshi chiese al Sensei Ohtsuka di insegnare all’università ma Giei si oppose perché aveva paura di essere estromesso in quanto, Sensei Ohtsuka, conosceva più tecniche da combattimento. Poichè stava diventando difficile stare con loro, Ohtsuka disse che la situazione non era ottimale per il terzogenito di Funakoshi, Yoshitaka, quindi se ne andò con il permesso dello stesso Sensei Funakoshi che conosceva l’intera storia.
Pertanto,complessivamente, il Sensei Ohtsuka fece tre anni di esperienza continua sugli atemi ed i kata con il Sensei Funakoshi.
Il problema di carattere economico con il risentimento nei confronti delle innovazioni tecniche di Sensei Ohtsuka avevano reso la sua posizione precaria all’interno del gruppo di praticanti.
Comunque è difficile stabilire quando avvenne la rottura definitiva dei rapporti tra Sensei Ohtsuka e Sensei Funakoshi. Sensei Ohtsuka disse che in tutto egli si allenò con Sensei Funakoshi per circa dieci anni, indicativamente dal luglio del 1922 al 1932.
La scuola del Sensei Funakoshi fin dal 1926 si divise in due perché una parte degli allievi decise di seguire Sensei Ohtsuka di cui preferivano la pratica e la propensione al
combattimento. Funakoshi proibiva gli esercizi di combattimento e ciò impediva di provare l’efficacia della pratica.
Dopo di aver deciso di studiare da solo per creare un proprio metodo, selezionò le cose migliori di ogni stile di jujutsu tra cui lo Shinto Yoshin Ryu, lo Yagyu Shinkage Ryu per le tecniche di katana (spada lunga)e il Toda Ryu per le tecniche di wakisashi (spada corta).

1928
Il Sensei Ohtsuka,secondo i suoi familiari, visitò due Sensei di Okinawa, Mabuni Kenei (fondatore dello Shito Ryu) e Choki Motobu che vivevano nella città di Osaka in modo da apprendere maggiori dettagli sul karate di Okinawa.
L’Enciclopedia del Budo giapponese- 3a edizione ha consacrato un intero capitolo alla storia del Sensei Ohtsuka, riportando anche delle chicche sul rapporto tra i vari maestri che influenzarono la formazione di Sensei Ohtsuka.
Il Sensei Ohtsuka, secondo l’enciclopedia del Budo, incontrò il Sensei Shiba Keta Mabuni, appena arrivato da Okinawa,nel 1928, grazie alla mediazione del Sensei Konishi nel dojo di quest’ultimo.
Il Maestro Kenwa Mabuni era una persona calma e carismatica. Per un certo periodo affidò suo figlio Kenei allo stesso Maestro Konishi. Lo stesso Funakoshi rendeva spesso visita a Konishi tenendo in considerazione che il Maestro Mabuni conosceva i kata del karate di Okinawa, in maniera molto dettagliata ed in numero maggiore di ogni altro .
Con il Sensei Mabuni, Ohtsuka avrà uno scambio tecnico, esponendogli i problemi inerenti ai kata imparati dal Sensei Funakoshi ed i suoi tentativi per trovare delle forme più soddisfacenti di kata. La vasta conoscenza del Sensei Mabuni fu di grande importanza per l’evoluzione delle considerazioni del Sensei Ohtsuka. Già dal loro primo incontro Ohtsuka gli domandò delle spiegazioni su passaggi di kata incomprensibili dal punto di vista marziale, poiché Mabuni era uno specialista nello Shurite e nel Nahate. Allora come Mabuni vide il Pinan Shodan eseguito da Ohtsuka gli spiegò che c’erano degli errori in questi kata e gli spiegò minuziosamente i 5 kata Pinan. E’ così che Ohtsuka cominciò a rettificare i kata Pinan che aveva imparato da Funakoshi il quale, a sua volta, non li aveva imparati correttamente.
Intorno al 1928 il Sensei Ohtsuka si ingrandì aprendo una serie di club di karate in varie università di Tokyo. Aprì scuole alle università Rykkyo, Nihon, alla Tokyo Dental College oltre che alla Todai.
In questo stesso periodo diventò “Shinto Yoshin Ryu Shian” cioè capo istruttore dello Shinto Yoshin Ryu.(?)(Questa notizia riportata solo da pochi autori va in contraddizione con il fatto che già Ohtsuka era caposcuola di questo stile però non mi è stato possibile trovare qualche ulteriore delucidazione- n.d.a.).

1929
Un anno dopo l’incontro con il Sensei Mabuni, arrivò nel dojo di Konshi il Sensei Motobu che era rinomato come adepto del combattimento. Particolare fu il fatto che i maestri Funakoshi e Motobu non si intendevano affatto tra loro. Konishi riporta che il primo diceva: “ Motobu è maleducato, non si può prevedere ciò che farà, assomiglia ad una scimmia” E il secondo sogghignava :” Il karate di Funakoshi è robaccia. Egli pratica il karate come un ballerino”.
Nonostante Motobu fosse forte in combattimento non era altrettanto straordinario nei Kata. Da questo punto di vista la critica di Funakoshi “Motobu non conosce il karate” sarebbe giustificata. Quanto a Motobu, che sembrava essere seccato da una critica come questa portò un suo allievo 4°dan di judo nel dojo di Konishi. Seguendo le sue istruzioni questo allievo prese Funakoshi per il collo e per la manica. Motobu disse allora a Funakoshi “ mostrami ora se il tuo kata di base di cui tu sei fiero è veranemte valido. Potrai fare tutto quello che vorrai, dare dei colpi di pugno o di piede”. Funakoshi aveva allora 60 anni, e per giunta era piccolo e poco potente. Era dunque un pericolo battersi contro un giovane ed energico judoka lasciandosi prendere fin dall’inizio. Funakoshi era serio e sincero ed al posto di rifiutare questo combattimento, tentò con tutte le sue forze di liberarsi in soto uke ed in uchi uke. Ma tutto questo non ebbe nessuna efficacia contro il suo avversario; fu sollevato e spinto contro la parete di legno. Dopo questo attimo di scena comica, Motobu domandò ad Ohtsuka che era presente “che cosa faresti tu? Prova un po’ senza riserva” Ohtsuka accettò volentieri. L’autore spiega che Ohtsuka avendo per lungo tempo esercitato il jujitsu, aveva proiettato facilmente il suo avversario e che Motobu di fronte a questa efficacia decise di imparare il jujitsu sotto la direzione dello stesso Ohtsuka.
Sensei Motobu, nonostante il fatto che non riuscì a creare una propria scuola, aveva comunque una reputazione di combattente pratico e preparato, anche se riteneva che gesti e forme erano belli ma che non avevano alcun valore se non permettevano di vincere in combattimento. E’ fuori di ogni dubbio che Motobu avesse rispetto delle capacità di combattente del Sensei Ohtsuka, tanto che lo scambio tecnico fu reciproco.
Motobu era interessato al jujitsu giapponese mentre Ohtsuka era desideroso di ricercare gli aspetti più profondi del karate di Okinawa. E’ stato detto che la versione Wado del kata Naihanchi è più vicina a quella del Naihanchi shodan di Motobu che non delle versioni praticate da Funakoshi o Mabuni. Sensei Ohtsuka chiese a Sensei Motobu i dettagli di ogni tecnica di Karate e confrontarono le tecniche l’uno con l’altro. Poi gli chiese della situazione attuale (dell’epoca) del karate di Okinawa e si accorse che non c’era alcuna ulteriore informazione da andare a ricercare la, così decise di non partire per Okinawa ma di studiare da solo per sia il Karate che il jujitsu per creare un nuovo stile.

Nel 1929 il Sensei Ohtsuka aveva codificato la maggior parte dei movimenti delle tecniche base del Wado-Ryu Karate e fu registrato come membro della “Nippon Kobudo Shinko Kai”( federazione delle arti marziali del Giappone).
In questo periodo creò gli ippon kumite, i sanbon kumite ed i kihon kumite ed incorporò le tecniche di proiezione(nage waza).
Fin dal primo contatto con l’arte marziale di Okinawa aveva pensato di adattare le tecniche di jujitsu al karate ma al contrario del Sensei Funakoshi, che vedeva il karate solo come arte marziale e riteneva che non potesse essere praticato sotto forma di competizione, Sensei Ohtsuka, iniziò a studiare un sistema di combattimento libero adatto a degli incontri agonistici, gettando le basi per le odierne gare di kumite.
Un allievo come il Sensei Ohtsuka era un arricchimento per Sensei Funakoshi, ma le divergenze tra le loro personalità si presentarono fin dall’inizio. Il loro rapporto fu sempre in equilibrio precario, tale equilibrio si ruppe nel momento in cui il modo di progredire del Sensei Ohtsuka divenne eccessivo agli occhi del Sensei Funakoshi. Infatti,cominciò la pratica del combattimento libero, prendendo a prestito modelli talvolta del pugilato e talvolta del kendo. Tale evoluzione era inammissibile per il Sensei Funakoshi mentre era un percorso naturale per il Sensei Ohtsuka che, provenendo dal jujitsu, vedeva nei kata una attività propedeutica ai fini del combattimento. Lo stesso Sensei Funakoshi affermò che il Sensei
Ohtsuka stava modificando l’essenza del karate apportandovi troppi elementi del jujitsu.

1934
Il 24 febbraio del 1934 nacque il secondogenito Jiro poi Hironori II°.
Nel maggio del 1934 il Wado-Ryu Karate il Sensei Ohtsuka inaugurò ufficialmente il proprio ed unico stile di karate.
Nell’autunno del 1934 fonda la sua prima organizzazione di karate la “Dai Nippon Karate Do Shinko Club” (Club per la promozione del karate in tutto il Giappone). Questa è generalmente considerata l’origine della Wadokai,tanto che, durante la Wado World Cup di Tokyo, nell’agosto del 1999, si parlò di sessantacinquesimo anniversario della Wadokai.
In questo periodo Sensei Ohtsuka veniva ancora considerato come facente parte del gruppo di Funakoshi. La sede del club rimase fino al 1938 nella città di Kanda a Tokyo, poi si trasferì nel dojo del Sensei Gihachiro Kubo dello Yagyu Shinkage Ryu. In questo periodo il Sensei Ohtsuka studiò la scherma con la katana con il Sensei Kubo.

1935
Il fatto che Sensei Ohtsuka fosse in disaccordo con l’intepretazione solo marziale del Sensei Funakoshi e volesse verificare le tecniche di karate attraverso delle innocue competizioni, portò, secondo la maggioranza degli autori nel 1935, al distacco dalla scuola del Sensei Funakoshi.
Nel 1935 su raccomandazone del Sensei Kano la Federazione “Dai Nippon Butoku Kai”accettò il karate jutsu come arte marziale ma solo come estensione del Judo (cioè come disciplina associata ma non indipendente).
Nel 1935 venne pubblicato il terzo libro del Sensei Funakoshi dal titolo “Karate do kyohan”(aveva gia pubblicato “Ryu kyu kenpo karate- 1922 “ e “Rentan Goshin karatejutsu- 1925”).
Ohtsuka compare in questo libro dove mostra alcune tecniche in coppia con Funakoshi. Sensei Ohtsuka fa da tori a Sensei Funakoshi che dimostra le tecniche di Idori (difese dalla posizione seduta). In altre immagini Sensei Ohtstuka dimostra i Tantodori ( difese da coltello) contro Shimizu Toshiyuki.

1936
Secondo Mitchell, Sensei Ohtsuka fu uno dei pionieri delle competizioni di karate ed organizzò la prima gara nel 1936.

1938
Nel 1938 la “Dai Nippon Butoku Kai”assegnò al Sensei Ohtsuka il titolo di “Renshi – Go”(maestro di terzo grado), un alto grado di istruttore.
In questo periodo Nakasone Genwa scrisse un libro gigantesco di 414 pagine dal titolo “Karate do Tai-kan”. Ohtsuka in questo libro mostra sette tecniche di Tanto dori (chiamate nel libro Tanken-tori Omote) contro un tale Kato Toshio.
Si crede che nel 1938 il Sensei Ohtsuka scelse un altro nome per il suo gruppo, questa volta lo chiamò Dai Nippon Karate-do Shinbukai. L’istruttore principale era Sensei Ohtsuka, il presidente Eriguchi Erici.
Lo stesso Sensei Ohtsuka raccontò che ogni anno allo scopo di promuovere le arti marziali giapponesi, il Butokuden a Kyoto organizzava un festival nazionale. Nel 1938 il festival venne accentrato su i fondatori di ogni arte marziale, ma ancora non era stato identificato nessun ideatore del karate giapponese. Egli nominò come fondatore del primo vero stile di karate giapponese Shiro Yoshitoki Akiyama (il fondatore dello Shinto Yoshin-ryu jujitsu ) e nominò questo nuovo stile di karate-do “Wado Ryu” che significava “scuola della via giapponese” od anche “Scuola della via della pace” poiché il carattere kanji “wa” può significare entrambe le cose.
Nel maggio del 1938 il Sensei Ohtsuka fece la dimostrazione al “Dai Nippon Kobudo Tai Kai “(Festival delle antiche arti marziali di tutto il Giappone) ed il suo stile fu registrato come “Shin Shu Wado Ryu karate jutsu”.
Dopo aver ricevuto la consulenza del Sensei Gihachiro Kubo, caposcuola 9° dan della Yagyu shinkage Ryu di kenjutsu, Sensei Ohtsuka decise di eliminare il termine “Shinshu” perché come “wa” poteva anche significare “Giappone” e perciò ci sarebbe stata una ripetizione.In questo periodo il Sensei Ohtsuka chiuse il suo ospedale diventò artista marziale a tempo pieno insegnando il karate Wado-Ryu come era la sua ambizione fin dal 1919.

1939
Nel marzo del 1939 la “Dai Nippon Butoku Kai” chiese a tutti gli stili di karate di registrare il nome del fondatore ed il nome ufficiale dello stile o della scuola. Ohtsuka Sensei registrò il nome “Wado Ryu”. Altri stili che si registrarono in quel periodo furono lo Shotokan Ryu, il Goju Ryu, lo Shito Ryu ed altri. Con questo atto agli stili di karate fu riconosciuto lo stesso status delle altre arti marziali giapponesi, prima gli stili di karate non venivano nominati ma solamente associati con il nome dei maestri.

1940
Il 5 maggio del 1940 ci fu una dimostrazione di tutti gli stili di karate al Butoko Den di Kyoto. Gli stili rappresentati furono il Wado Ryu, lo Shotokan Ryu, il Goju Ryu, lo Shito Ryu, il Keishi Kempo, il Nippon Kempo Ryu ed altri.

1942
Nel 1942 la “Dai Nippon Butoku Kai” assegnò al Sensei Ohtsuka il grado di “Kyoshi-go”(maestro di secondo grado).

1944
Nel 1944 la “Dai Nippon Butoku Kai” chiese al Sensei Ohtsuka di diventare il Capo Istruttore del Karate in Giappone. La stessa organizzazione lo nominò “Shuseki Shihan” ovverosia “Gran Maestro”.

1945
Dopo la fine della seconda guerra mondiale gli americani ordinarono lo scioglimento della “Dai Nippon Butoku Kai” e la pratica delle arti marziali fu proibita per lungo tempo. Poichè gli ufficiali dell’amministrazione militare U.S.A. non conoscevano l’allenamento di karate, Ohtsuka continuò ad allenarsi ed a insegnare in segreto e come molti altri istruttori di karate, fu in grado di farlo sotto il naso delle autorità dichiarando di proporre lezioni di boxe.
Il Sensei Hironori Ohtsuka ed il figlio, Sensei Jiro (ora Hironori II°), furono invitati alla base per una dimostrazione. Questa dimostrazione fu particolarmente gradita perché non c’era cibo in Giappone e riuscirono mangiare ma, non fu permesso loro di portare il cibo fuori dalla base americana.

1948
Il gruppo del Wado ryu fonda la Zen Nippon karate Renmei (ZNKR-All Japan Karate Federation), contemporaneamente lo stile Shotokan diede origine alla Japan Karate Association (JKA). Ogni organizzazione di stile lavorava indipendentemente.

1949
Sensei Ohtsuka partecipò alla fondazione della I.M.A.F. : International Martial Art Federation.

1951
Nel 1951 fu firmato il trattato di pace tra il Giappone e l’America. La pratica delle arti marziali fu ripristinata e lo spirito del Budo tornò libero. Questo evento fu celebrato con la prima dimostrazione di arti marziali dopo il divieto.
Il judo ed il kendo non poterono essere più chiamati con il loro nome originale ma si doveva usare il termine “sedute di allenamento”. Il nome karate, però, andava ancora bene.

1952
Nel 1952 Sensei Ohtsuka fonda il principale dojo della sua scuola a Tsukiji a Tokio,il 1° giugno inaugura un torneo dimostrativo per festeggiare il 20° anno della fondazione del Wado Ryu Karate jutsu. Partecipa quindi alla fondazione della Japan Karate Do Association.

1953
Dimostrazione del Karate di tutto il Giappone.

1955
Primo Campionato Nazionale Giapponese di Wado Ryu, organizzato da Sensei Ohtsuka.
In questo anno venne pubblicato il libro “Karatejutsu no Kenkyu”( studio dell’arte del karate) che era basato sul testo del “Karatejutsu Oboegai” (Memorandum dell’arte del karate, 1949 del Tokyo University Karate club). Il libro presenta nove kata wadoryu (questo a sua volta diventerà la base per “Karate-do vol.1” scritto da Ohtsuka nel 1970. Il libro che fu tradotto in inglese da Shingo Ishida,tale traduzione venne pubblicata per la prima volta nel 1977).
Contemporaneamente la ZNKR inizia la pubblicazione di un bollettino per i soci. L’editore era il segretario generale Ishizuka Akira. La ZNKR sembra essere l’unica organizzazione che avesse un bollettinoa quel tempo.

1957
Primo Campionato Universitario Giapponese di karate.

1958
Primo Campionato di karate degli studenti universitari dell’area di Tokyo a Kanto.

1964
Nel 1964 tre istruttori della Nihon University andarono in Europa ed in America a dimostrare il karate Wado-ryu. Questi erano il Sensei Tatuo Suzuki, Sensei Toru Arakawa e Sensei Hajime Takashima.
In questo anno fu istituita la “All Japan karate Do Federation – ”. La sigla è la JKF da non
confondersi con la JKA dello Shotokan.
Nel 1964 prese vita l’Official all style Zen Nippon Karatedo Renmei (FAJKO); Il Wadokai assumeva il nome di FAJKO-Wadokai, che poi divenne la JKF-Wadokai in quanto il Wadokai aveva una cooperazione con la JKF, la federazione ufficiale in Giappone.

1965
Nel 1965 Sensei Tatuo Suzuki, Sensei Yutaka Toyama, Sensei Atsuo Yamashita e Sensei Masafumi Shiomitsu iniziarono ad insegnare il karate Wado-Ryu in Europa.

1966
Il 29 aprile del 1966 Sensei Ohtsuka fu insignito del rango di “Kun Goto”e decorato con la medaglia “Soukuo KyoKujitsu Shuo”(Quinto ordine di merito, “il cordone del sol levante”), paragonabile ad O.B.E ( ufficiale dell’ordine dell’impero britannico), dall’Imperatore Hirohito per la sua dedizione alla divulgazione e all’insegnamento del karate.

1969
Primo campionato della “All Japan Karate Do”
In questo periodo, Sensei Ohtsuka, diventa vicepresidente della Japan Karate do Association

1970
Fu istituita la World Union of Karate Do Organisation (W.U.K.O.). Il primo campionato del mondo W.U.K.O. si svolse al Budokan di Tokyo.
In questo anno fu pubblicato da Ohtsuka il libro “Karate-do Vol.1” dove egli presenta nove kata del wado ryu ( i cinque Pinan, Naifanchi,Seishan, Kushanku e Chinto).

1972
Il 9 ottobre 1972 Higashi no Kuni no Miya (un membro della famiglia reale, zio dell’imperatore), Presidente della “Kokusai Budo Renmei”(I.M.A.F.- International Martial Art Federation) assegnò al Sensei Ohtsuka il titolo di “Shodai Karate-do Meijin Ju-dan” (Il primo eccellente esponente di arti marziali nel karate – 10° dan). Il titolo più grande possibile nella pratica delle arti marziali. Egli fu il primo uomo nella storia a ricevere un così grande onore infatti, questa fu la prima volta che questo titolo venne assegnato a qualcuno e nessun altro fu preso altrettanto in considerazione fino dopo la sua morte.
Per i suoi servigi alle arti marziali e per onorare questa nuova posizione quale più alta autorità di karate del Giappone, fu insignito anche della medaglia “Shiju Hoosho” dal governo giapponese. In questo caso è stato l’unico nella storia del karate a ricevere una così alta onorificenza.

1980
Nel 1980 il Sensei Ohtsuka cominciò a pensare al ritiro dalla guida del karate wado ryu e volle che suo figlio gli succedesse come Grande Maestro. La scelta del nuovo leader non trovò l’approvazione da parte di alcuni allievi anziani e pertanto ci fu uno scisma e venne fondata la Wado-kai .

1981
Il 20 novembre 1981 ci fu l’abdicazione ufficiale di Sensei Ohtsuka padre al figlio Jiro.
Nel 1981 un gruppo con a capo Ohtsuka Jiro si staccò dalla JKF-Wadokai e venne fondata la Wadoryu Renmei, una associazione privata che ha come fine lo studio del Wado ryu tradizionale.
Nel dicembre 1981 si tenne il campionato per il 90° compleanno di Sensei Ohtsuka .

1982
Il 29 gennaio 1982 “Saiko Shihan Hironori Ohtsuka” morì all’età di 90 anni. Hironori Ohtsuka non smise mai di praticare il “Budo”. La sua vita intera fu “Budo”.
Il Sensei Ohtsuka, era anche un padre di famiglia. Con sua moglie Toki ebbe quattro figli, due maschi e due femmine. Il figlio più giovane Jiro, succeduto nella carica del padre, alla sua morte ha assunto il nome di Ohtsuka Hironori II°.

1989
Il Maestro Tatsuo Suzuki, residente a Londra, uno degli allievi più anziani, si è diviso dalla Wadoryu Renmei ed ha fondato il suo gruppo privato la Wado-international karate –do federation (WIKF).
Sempre nel 1989 Ohtsuka Hironori II° ha costituito l’International Wado Academy.

Alcune massime del Sensei Ohtsuka :
BUNO MICHI WA
TADA ARAGOTO NA TO OMOHISO
WA NO MICHI KIWA ME
WA O MOTOMU MICHI
Hironori

Traduzione:
La via della pratica dell’arte marziale non è finalizzata al combattimento.
Ricerca sempre la pace interiore e l’armonia,aspira a questi valori.

Antonio Sartini

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